Data prima pubblicazione
22/6/2022
January 14, 2021

Vaccini contro il Covid-19: come funzionano?

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Il presente articolo fa riferimento alle conoscenze e ai dati disponibili aggiornati a Giugno 2022.

Secondo l’OMS ogni anno i vaccini salvano tra i 2 e i 3 milioni di persone in tutto il mondo e se tutti i paesi avessero la stessa accessibilità ai vaccini, le persone salvate potrebbero diventare addirittura 4 milioni.

La storia del vaccino contro il SARS-CoV-2 è iniziata a giugno del 2020, a 5 mesi di distanza dalla prima segnalazione di infezione avvenuta in Cina. Oggi purtroppo sono ancora tanti gli interrogativi a cui rispondere: quanto dura la protezione, c’è possibilità di contagiare nonostante la vaccinazione...

Una cosa però è certa: la sicurezza e l’efficacia dei vaccini anti-Covid non sono messe in discussione.

Perché il vaccino anti Covid-19 fa paura?

L’incertezza in questo ambito potrebbe derivare dalla rapidità con cui si è giunti ad ottenere i vaccini contro il Covid-19. Nessuna delle regolari fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza è stata, però, saltata.

I tempi brevi sono stati resi possibili da:

  • stretta collaborazione tra tutti i paesi del mondo, che ha superato addirittura quella per l’ottenimento della mappatura del DNA. Tutti hanno messo a disposizione know-how e strutture necessarie per condurre le sperimentazioni;
  • coinvolgimento di più aziende, che ha permesso di trovare velocemente i finanziamenti: basti pensare che in media sono necessari da 1 a 3 anni nella migliore delle ipotesi (di solito 10-15 anni) per ottenere finanziamenti da utilizzare nella produzione di un vaccino. Questo eccessivo numero di anni è giustificato dalla necessità prima di tutto di decifrare il genoma virale, e poi dallo sviluppo del farmaco e dalle tre fasi del trial clinico;
  • le già note conoscenze di SARS e MERS, causate da altri coronavirus, che hanno velocizzato l’ottenimento del vaccino anti-Covid: infatti, l’utilizzo degli stessi metodi di ricerca ha fatto risparmiare ben 5 anni;
  • tempestività di azione e utilizzo di una tecnologia innovativa;
  • disposizione di un gran numero di finanziamenti pubblici, che ha permesso di iniziare a produrre il vaccino ancora prima di sapere se questo avrebbe passato i primi test, quindi ancora mentre lo si studiava;
  • eliminazione e semplificazione di molti passaggi burocratici;
  • l’osservazione emersa già dopo pochi mesi di un numero sufficiente di casi di infezione che ha permesso di valutare rapidamente l’efficacia del vaccino durante gli studi clinici, anche grazie al fatto che l’epidemia è ancora in corso e che il virus si diffonde molto rapidamente.

Quali sono i vaccini anti-Covid disponibili in Italia?

In Italia il Vaccine-Day è stato il 27 dicembre 2020. Oggi i vaccini anti-Covid a disposizione sono cinque:

  • il Comirnaty, vaccino Pfizer mRNABNT162b2, approvato in Europa il 21 dicembre 2020: l’azienda americana, in collaborazione con la Biontech, azienda tedesca di biotecnologia, ha compiuto gli studi su 44.000 persone, metà dei quali ha ricevuto il vaccino mentre l’altra metà ha ricevuto un placebo, ovvero un prodotto identico al vaccino ma non attivo. L’efficacia è stata calcolata su oltre 36.000 persone a partire dai 16 anni di età (compresi soggetti di età superiore ai 75 anni) e risulta del 95% nei soggetti che hanno ricevuto il vaccino. A maggio e a dicembre 2021, rispettivamente AIFA ha approvato l'utilizzo di questo vaccino anche nella fascia d'età 12-15 e 5-11 anni (consulta qui il riassunto delle caratteristiche del vaccino Pfizer).
  • il Covid-19 Vaccine Moderna, approvato in Europa il 6 gennaio 2021: l’azienda statunitense ha compiuto gli studi su un campione di 30 mila persone tra i 18 e i 94 anni, osservando un'efficacia del 94%. Quest'ultima è risultata elevata (91%) anche nei partecipanti affetti da malattie croniche come diabete, patologie cardiovascolari, obesità. A Luglio 2021 è stato approvato l'utilizzo del vaccino Moderna anche nella fascia d'età 12-17 anni (consulta qui il riassunto delle caratteristiche del vaccino Moderna).
  • il Vaxzevria (inizialmente chiamato ChAdOx1 nCoV-19 o AZD1222), prodotto da AstraZeneca e Università di Oxford, approvato dall'EMA il 30 gennaio 2021. Lo studio ha coinvolto 18 mila persone, metà delle quali ha ricevuto il vaccino sperimentale. L’efficacia nei confronti dell’infezione sintomatica è del 60%, ma aumenta all’80% nel caso di forme gravi di Covid-19 (consulta qui il riassunto delle caratteristiche del vaccino AstraZeneca).
  • l’Ad26.cov2.s, Johnson&Johnson, prodotto dalla farmaceutica belga Janssen, è stato approvato dall’EMA l’11 marzo 2021. Lo studio ha coinvolto un campione di 44 mila persone, di cui 22 mila hanno ricevuto il vaccino, sviluppando un’efficacia complessiva pari al 66% nei confronti dell’infezione sintomatica 56 giorni dopo la somministrazione (consulta qui il riassunto delle caratteristiche del vaccino J&J).
  • il Nuvaxovid, prodotto dalla Novavax, azienda statunitense, approvato da AIFA a Dicembre 2021 (consulta qui il riassunto delle caratteristiche del vaccino Novavax).

I dati aggiornati sulla somministrazione dei vaccini sono consultabili qui.

Come funzionano i vaccini contro il Covid-19?

Vaccini anti-Covid meccanismo
Maintaining Safety with SARS-CoV-2 Vaccines. Castells MC, Phillips EJ. Review article. The New England Journal of Medicine

Entrambi i vaccini oggi a disposizione utilizzano la tecnologia innovativa dell’mRNA. L’mRNA o RNA messaggero è una molecola di acido nucleico che contiene le informazioni genetiche per far sì che il nostro organismo riesca a produrre “in autonomia” la proteina che forma le punte, dette spike, del coronavirus.
La proteina spike, che rappresenta il mezzo attraverso cui il virus riesce ad entrare nel nostro organismo, è quindi il bersaglio contro cui vengono indirizzati i nostri anticorpi.

Da sottolineare è che l’RNA messaggero non è capace di riprodursi da solo nelle cellule dell’ospite, ma può solo indurre la sintesi delle sue spike.

Il messaggero virale viene veicolato all’interno dell’organismo mediante l’utilizzo di nanoparticelle: il materiale genetico è infatti racchiuso all’interno di una microscopica bollicina, fatta da grassi o lipidi, grande tra 1 e 100 nanometri.

Una volta effettuata l’iniezione della soluzione vaccinale nel muscolo della parte superiore del braccio (deltoide), le nanoparticelle, con all’interno le svariate copie di mRNA, vengono assorbite da ogni singola cellula intorno alla sede di iniezione e dai linfonodi adiacenti. Le cellule, a questo punto, iniziano a produrre le proteine virali, che poi a loro volta vanno a stimolare il sistema immunitario. La sintesi degli anticorpi diretti contro le proteine “estranee” ha inizio.

La vaccinazione, inoltre, attiva anche le cellule T, capaci di istruire il nostro sistema immunitario affinché diventi capace di rispondere anche a successive esposizioni al SARS-CoV-2.

Il materiale genetico iniettato ha una vita molto breve: l'RNA messaggero è completamente degradato entro due giorni. Quindi, non è possibile che riesca ad entrare all'interno del nucleo delle nostre cellule, dove è presente il DNA, andando ad alterare i nostri geni. Il vaccino, inoltre, non contiene il virus e quindi non può provocare la malattia.
covid 19 vaccine
Adenovirus-mediated gene delivery: Potential applications for gene and cell-based therapies in the new era of personalized medicine. Cody S.Lee et al, Genes and Diseases

Il vaccino Vaxzevria e Johnson&Johnson, invece, utilizzano un veicolo diverso rispetto agli altri due vaccini per introdurre nell’organismo l'informazione genetica virale necessaria a produrre le proteine spike. Come per il vaccino contro l’Ebola, il veicolo è un adenovirus, nello specifico il virus che causa il raffreddore nello scimpanzé (Astrazeneca) e l’adenovirus-26 (J&J). Questi adenovirus però sono stati inattivati e cioè resi innocui per l'uomo, in quanto incapaci di replicarsi. Anche lo stampo per produrre le proteine virali è diverso: l'informazione genetica, infatti, è un filamento di DNA e non di RNA, in cui è stato introdotto il gene della proteina virale spike. I vantaggi offerti dai vaccini a vettore virale sono significativi rispetto alla tecnologia utilizzata da Pfizer e Moderna: oltre al costo di sviluppo decisamente inferiore, questi vaccini hanno anche una maggiore stabilità, in quanto l'utilizzo dell'adenovirus non richiede temperature eccessivamente basse per la conservazione e il trasporto.

Il vaccino Novavax, infine, è a base di proteine ricombinanti. Minuscole porzioni, o subunità, della proteina spike, sono ottenute in laboratorio attraverso ingegneria genetica, e rappresentano l’antigene che scatena la risposta immunitaria nell’ospite. Il vaccino contiene poi anche un "adiuvante", cioè una sostanza che contribuisce a rafforzare le risposte immunitarie. Nel caso del Novavax l’adiuvante è la saponina, una molecola di origine vegetale. La tecnica utilizzata dal vaccino Novavax è stata utilizzata già da tempo per arginare altre malattie come la meningite, l’epatite b e il papillomavirus.

Quali sono le differenze tra i vaccini anti-Covid oggi disponibili?

Il vaccino Comirnaty è indicato a partire dai 12 anni di età. E' stata poi approvata anche una formulazione pediatrica per bambini dai 5 anni in su. La schedula vaccinale prevede due somministrazioni a distanza di 21 giorni. Il prodotto della Pfizer richiede temperature più basse e una catena del freddo più complessa. Il flaconcino va diluito prima dell’uso.

Il vaccino Moderna è indicato a partire dai 6 anni di età. La schedula vaccinale prevede due somministrazioni a distanza di 28 giorni. Il prodotto della Pfizer può essere conservato fino a 6 mesi a -20 gradi (quindi in freezer) e fino a un mese tra i 2 e gli 8 gradi (quindi in frigorifero). Il flaconcino è pronto all’uso.

Il vaccino Vaxzevria e il J&J sono indicati a partire dai 18 anni. Mentre però il primo prevede due somministrazioni ad una distanza l'una dall'altra di 42 giorni, il secondo aviene in un'unica dose. Il prodotto di Astrazeneca si conserva fino a 6 mesi a temperature tra 2 e 8 gradi e non deve essere congelato, mentre il vaccino Johnson&Johnson è stabile a -20°C e può essere conservato a temperature più alte (2-8°C) fino a 3 mesi. Entrambi sono già pronti all'uso.

Il Novavax è indicato dai 18 anni in su. La schedula vaccinale prevede due somministrazioni a distanza di 21 giorni. Il prodotto è stabile tra i 2 e gli 8 gradi (quindi in frigorifero) per 9 mesi. Il flaconcino è pronto all’uso.

Riguardo all'immunità si faccia riferimento all'approfondimento dedicato.

È possibile vaccinarsi contro il Covid-19 in gravidanza o in allattamento? E i bambini possono essere vaccinati?

Sono tante le future mamme e quelle che invece lo sono diventate da poco che si chiedono se il vaccino anti-Covid possa essere nocivo per il proprio figlio. I risultati degli studi disponibili sulla vaccinazione in gravidanza e i dati raccolti dai sistemi di farmacovigilanza non documentano un’associazione tra la somministrazione del vaccino e un aumento dei rischi per lo sviluppo dell’embrione e del feto. In particolare, una revisione degli studi sulla sicurezza in gravidanza dei vaccini anti-Covid-19 a RNA messaggero (per un totale di circa 65.000 gravidanze esaminate) condotta dall’EMA non ha evidenziato segnali di un aumento del rischio di complicazioni della gravidanza, aborto spontaneo, parto prematuro o di altri eventi avversi. Alcuni studi hanno documentato la presenza di anticorpi contro il virus SARS-CoV-2 nel sangue dei nati da mamme vaccinate. È, quindi, possibile che la vaccinazione materna abbia un effetto protettivo anche sul neonato. Ci sono, inoltre, due ragioni fondamentali per dire sì alla vaccinazione in gravidanza:

  1. le donne incinte hanno una ridotta capacità polmonare per la pressione esercitata dall’utero e quindi rischiano una malattia più grave (con il doppio delle probabilità di doverricorrere alla ventilazione assistita rispetto alle altre donne);
  2. il sistema immunitario in gravidanza si indebolisce.

Lo stesso vale per la profilassi anti-Covid in mamme che allattano. C'è un ampio consenso tra le istituzioni sanitarie internazionali e nazionali nel raccomandare la vaccinazione anti-Covid-19 in allattamento. Non sono stati segnalati effetti indesiderati clinicamente rilevanti in neonati allattati da mamme che avevano effettuato il vaccino.

Sia il vaccino Pfizer che il Moderna possono essere somministrati a bambini ed adolescenti: il primo nei bambini dai 5 in su, il secondo dai 6.

Chi soffre di allergie può effettuare il vaccino contro il Covid-19?

Chi è a conoscenza di essere affetto da allergie respiratorie, alimentari o a farmaci, o di averne sofferto in passato, può sottoporsi a profilassi vaccinale contro il Covid-19: è necessario rimanere in osservazione, come tutti, per 15 minuti dopo la somministrazione. In caso di reazioni allergiche gravi (anafilassi) il tempo di osservazione diventa di 60 minuti. Qualora la persona che si vaccina sta seguendo una terapia antiallergica, come per esempio l’immunoterapia specifica, non deve assolutamente sospenderla.

Faccia attenzione, però, chi è allergico agli eccipienti polietilenglicole (PEG), macrogol e polisorbati: a queste persone non deve essere assolutamente somministrato nessun tipo di vaccino a mRNA.

Anche a chi soffre di asma bronchiale persistente grave è raccomandata la vaccinazione anti-Covid, sempre sotto controllo medico. La vaccinazione va
rimandata solo in casi in cui l’asma non si riesce a controllare.

Infine, il divieto di ricevere la seconda o terza dose è rivolto a chi ha manifestato reazioni gravi, allergiche e non, alla prima: in tal caso è necessario rivolgersi a un Centro di riferimento con esperienza sulle reazioni alle vaccinazioni, per un approfondimento specialistico.

Quali possono essere gli effetti collaterali dei vaccini anti-Covid?

La maggior parte degli effetti collaterali è stata riscontrata dopo la somministrazione dei vaccini Pfizer e Moderna (vaccini a mRNA), in quanto i più utilizzati.

Dal confronto tra i vaccinati e il gruppo di controllo, sono stati osservati effetti collaterali di lieve entità, classificabili come i classici disturbi post-vaccinazione:

  • dolore, gonfiore, arrossamento e prurito nel sito di iniezione
  • stanchezza
  • mal di testa
  • dolore muscolari e alle articolazioni
  • brividi e febbre

Sono state poi osservate anche reazioni avverse più gravi. La più frequente è stata l’ingrossamento dei linfonodi (incidenza dell'1%), patologia benigna che guarisce da sola, e in casi ancora più rari anche trombosi in sedi atipiche negli adulti e miocarditi nei bambini/adolescenti.

Trombosi post vaccino Covid-19 negli adulti

Allo scopo di monitorare gli eventi trombotici in sedi atipiche verificatisi in seguito alla somministrazione dei vaccini contro il Covid-19, l’AIFA ha nominato un gruppo di esperti in patologie della coagulazione (Gruppo di Lavoro Emostasi e Trombosi). Dalle loro analisi emerge che in Italia questi episodi sono stati molto rari, in quanto i vaccini più utilizzati sono stati quelli a mRNA. In altri paesi, come ad esempio in Inghilterra, dove i vaccini più usati sono stati quelli adenovirali, la casistica è più ampia. Qui l'incidenza di trombosi dopo vaccinazione Astrazeneca era di 1 per 50,000 vaccinati. Questi numeri possono in apparenza sembrare alti, ma non è così se vengono confrontati con quelli relativi ai fenomeni di trombosi nelle donne che assumono anti-concezionali, nel periodo che va dal 2001 al 2010. Il rischio relativo è dunque più alto per questa classe di farmaci rispetto al vaccino contro il Covid.

Inoltre, le donne normalmente, anche in assenza di trattamento ormonale, sono esposte ad un rischio di trombosi pari a 2,1 per 10,000 donne/anno, numeri quindi ancora più alti rispetto all'1 per 50,000 vaccinati, riscontrato nel paese con più alta incidenza di trombosi post-vaccino.

Alla luce di questi dati, dunque, è impossibile trovare un legame causa-effetto tra vaccinazioni e trombosi.

Miocarditi post vaccino Covid-19 nei bambini

Negli adolescenti e nei giovani adulti sono stati segnalati casi di miocardite (infiammazione che colpisce il muscolo del cuore) e pericardite (infiammazione che colpisce la membrana esterna che avvolge il cuore) dopo la somministrazione dei vaccini anti-Covid a mRNA. Stando ai dati raccolti dalle istituzioni sanitarie, e in particolare dai Centers for Disease Control degli Stati Uniti, la frequenza di miocarditi dopo la vaccinazione è maggiore negli adolescenti maschi di età 12-17 anni e nei 7 giorni successivi alla somministrazione della seconda dose. Si tratta in ogni caso di eventi rari: i dati delle segnalazioni raccolte negli Stati Uniti stimano un’incidenza nei maschi di età 12-17 anni dopo la seconda dose di 1,5 casi per 10.000 dosi somministrate.

Da uno studio del CDC emerge, comunque, che l'incidenza di miocardite dopo infezione da SARS-CoV-2 è dalle 2 alle 115 volte più alta a seconda dell'età e del sesso, rimarcando quindi un’ulteriore rischio-beneficio a favore della vaccinazione.

Inoltre, mediamente le miocarditi osservate dopo la vaccinazione sono più lievi e di minore durata rispetto a quelle che possono verificarsi come complicanza di Covid-19.

Incidenza degli effetti collaterali post vaccino Covid-19

Analizzando i dati mensili dei rapporti di farmacovigilanza dell'AIFA, la quale non ha nessun rapporto diretto con le case produttrici dei vaccini, è possibile capire la reale portata degli effetti collaterali dei vaccini anti-Covid-19. Dal rapporto di sorveglianza del 19 aprile 2022, si apprende che:

  • nel periodo tra il 27 dicembre 2020 e il 26 marzo 2022 sono pervenute 134.361 segnalazioni su un totale di 135.849.988 di dosi somministrate. Ovvero 99 ogni 100.000 dosi. Di tutte queste l’82,1% si riferiscono a eventi di lieve entità (ad esempio dolore in sede di iniezione, febbre, stanchezza, dolori muscolari); mentre le segnalazioni di eventi avversi gravi corrispondono a 18 eventi ogni 100.000 dosi somministrate;
  • le segnalazioni gravi con esito fatale sono 0,65 ogni 100.000 dosi somministrate. Secondo un algoritmo sviluppato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 58,4% dei casi l'esito fatale non è correlabile al vaccino, nel 28,5% è indeterminato, nel 9,5% è inclassificabile per mancanza di informazioni sufficienti, e solo nel 3,6% è correlabile. Vale a dire circa 0,2 morti ogni milione di dosi somministrate.

Per informazioni su altri vaccini oggi disponibili nel mondo, leggi qui.

Per vaccino anti-Covid e allattamento, leggi qui.

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