Generalmente i primi studi clinici condotti per ottenere l’autorizzazione di farmaci e vaccini coinvolgono solo persone adulte. Una volta accertato che la loro somministrazione non provoca nessun effetto avverso importante, si prosegue coinvolgendo anche quelle categorie di persone considerate più vulnerabili, e cioè donne in gravidanza o in allattamento e bambini.
Lo stesso è accaduto per i vaccini contro il Covid-19. Appena partita la campagna vaccinale, mancavano effettivamente dati riguardanti queste persone tanto che l’OMS e le altre agenzie regolatorie hanno consigliato cautela, per far sì che si accumulassero dati dalle successive ricerche e dalla diretta esperienza sul campo, e non perché i vaccini non fossero sicuri.
Sono diversi i lavori che dimostrano che vaccinarsi in allattamento si può ed è sicuro.
Al momento l’unico vaccino controindicato durante l’allattamento riguarda quello contro la febbre gialla, che contiene una forma attenuata del virus originale, il quale può causare la malattia in forma lieve.
I vaccini contro il Covid-19, invece non contengono il virus e quindi non sono in grado di causare la malattia.
Non sono stati segnalati effetti indesiderati clinicamente rilevanti in neonati allattati da mamme che avevano effettuato il vaccino. Uno studio israeliano di Aprile 2021 che ha coinvolto 84 mamme in allattamento vaccinate con Pfizer non ha osservato effetti indesiderati di particolare rilievo nei piccoli. Quattro neonati hanno avuto febbre nelle due settimane successive alla vaccinazione della mamma, ma questa era verosimilmente dovuta a un’infezione delle vie aeree, in quanto accompagnata da sintomi come raffreddore e tosse. Questo stesso studio ha documentato la presenza nel latte materno di anticorpi anti-SARS-CoV-2, che potrebbero proteggere il neonato dalle infezioni.
I neonati, infatti, non producono anticorpi in modo efficace, non riuscendo così a proteggersi da batteri e da virus dannosi. Per aiutarli in quei primi giorni, viene in soccorso il latte materno, ricco di anticorpi capaci di evitare potenziali minacce.
Gli anticorpi prodotti grazie ai vaccini, infatti, passano nel latte materno, offrendo ai bambini allattati al seno un certo livello di protezione. In questo caso, anche contro il Covid-19.
E’ bene sottolineare ancora una volta che i vaccini disponibili oggi contro il Covid-19 non sono a base di virus: questo vuol dire che, non solo la mamma non è a rischio infezione, ma che non lo è nemmeno il piccolo, che si nutre del latte materno.
Allattare il proprio piccolo in caso di positività al Covid-19 è assolutamente possibile: l’aver contratto l’infezione non rappresenta una controindicazione all’allattamento. I vantaggi di offrire il proprio latte sono decisamente maggiori dei possibili rischi che il neonato si infetti anche lui. Se questo dovesse accadere sarebbe non di certo a causa del latte, ma del contatto. Quindi, per evitare che la mamma che allatta contagi il suo piccolo, basterà seguire le classiche regole anti-Covid: lavaggio delle mani e mascherina. E’ stato dimostrato che quei pochi bambini che sono stati contagiati dalla mamma, hanno manifestato solo rare volte lievi sintomi.
Nonostante sia l’azienda produttrice che l’AIFA oggi precisino che non esistono dati ufficiali per escluderlo, possiamo affermare che anche se passasse nel latte, la quantità di mRNA rilevabile nel latte materno sarebbe estremamente bassa. Uno studio pubblicato a Luglio del 2021, che aveva analizzato i campioni di latte materno donati da 7 mamme vaccinate, non aveva trovato la presenza di RNA messaggero in quantità misurabili. Studi successivi che hanno valutato la presenza nel latte materno dell’RNA messaggero contenuto nei vaccini hanno riscontrato quantità del tutto trascurabili o al di sotto del limite di misurabilità. Occorre considerare che anche se l'RNA messaggero fosse presente nel latte è alquanto improbabile che possa essere assorbito dal tratto gastrointestinale del lattante, in quanto degradato dal succo gastrico.
Se il timore è la presenza dell’RNA messaggero nel latte, questo, come spiegato sopra, non rappresenta un’indicazione per sospendere l’allattamento. In alcuni casi, però, la vaccinazione può causare per uno o due giorni febbre, stanchezza, mal di testa e la mamma potrebbe trovare faticoso allattare. Per precauzione, nei giorni precedenti alla vaccinazione, si può quindi tirare un po’ di latte da tenere di scorta, solo per questa eventualità.
Nel momento in cui una mamma inizia ad allattare, i linfociti B materni, che producono costantemente anticorpi, sono richiamati anche nel seno dalle ghiandole mammarie che inviano un segnale chimico. Gli anticorpi poi restano parcheggiati nelle ghiandole in attesa di spostarsi nel latte. A differenza di molecole farmacologiche più piccole, come caffè o alcool capaci di passare nel latte materno anche se molto diluiti, gli anticorpi sono molecole troppo grandi per farlo autonomamente. Per questo motivo, i recettori presenti sulla superficie dei dotti mammari catturano gli anticorpi, li racchiudono in bolle protettive e piene di liquido e li fanno passare nel latte in modo sicuro attraverso i dotti.
Gli anticorpi materni vanno poi a rivestire la bocca, la gola e l'intestino del bambino, offrendo protezione. Il loro ruolo è quello di sorvegliare gli ingressi del corpo per respingere l'infezione prima che possa fare danni nell’organismo.
Esistono diversi studi a supporto dell'ipotesi che gli anticorpi anti SARS-CoV-2 presenti nel latte materno proteggano anche il bambino. E' possibile, infatti, che gli anticorpi presenti nel latte possano proteggere il neonato dal rischio di infezione, anche se questo deve essere ancora documentato da studi dedicati.
Due studi, uno olandese e uno americano, hanno provato che nel latte materno di donne che avevano contratto l’infezione da SARS-CoV-2 c’erano anticorpi in grado di neutralizzare il virus in laboratorio.
Uno studio spagnolo e un altro americano, invece, hanno dimostrato una chiara associazione anche tra la vaccinazione anti-Covid-19 e la concentrazione di anticorpi nel latte materno.
Raffaella Gatta - Content manager
In collaborazione con Antonio Clavenna - Capo Laboratorio di Farmacoepidemiologia - Dipartimento di Salute Pubblica