Il lupus eritematoso sistemico, o più semplicemente lupus o LES, è una malattia cronica infiammatoria di natura autoimmune, quindi non contagiosa, che può colpire a qualunque età. Questa patologia si riscontra più frequentemente tra le donne, soprattutto fra i 15 e i 40 anni; il rapporto di incidenza tra donne e uomini è di 9 a 1.
Studi statistici recenti riportano che il lupus potrebbe avere un tasso di frequenza globale compreso tra i 20 e i 70 casi ogni 100.000 persone. Si stima, inoltre, che siano circa 3 milioni di persone in Europa ad essere affette da questa patologia.
Esistono diverse tipologie di lupus, che possono essere così classificate:
Come succede nella maggior parte delle malattie autoimmuni, il lupus si manifesta quando il sistema immunitario, che solitamente è in grado di riconosce batteri e virus estranei che penetrano nel nostro organismo, individua come sconosciuti i tessuti e le cellule sane del nostro corpo. Questi anticorpi, detti anche auto-anticorpi, possono attaccare svariati organi e tessuti, causando infiammazione e danni che si manifestano con un ampio spettro di sintomi nei pazienti con lupus.
Ad oggi, le cause per cui il sistema immunitario inizia a diventare “intollerante” verso le nostre stesse cellule e a produrre auto-anticorpi restano ancora sconosciute.
Diversi studi hanno dimostrato che il LES è il risultato di una combinazione di fattori genetici, ambientali e ormonali. Sebbene questa patologia non possa essere classificata come una tipica malattia genetica ereditaria, in quanto non è stato identificato un gene causale unico, sono stati individuati diversi quadri genetici che predispongono all’insorgenza della malattia.
Esistono poi fattori di origine esterna, come ad esempio infezioni di origine virale o batterica, alcuni medicinali, traumi, ferite, esposizione al sole, shock psicologici stressanti, che possono svolgere un ruolo importante nello scatenare o nel favorire il processo autoimmune che porta all’insorgenza del lupus.
Infine, anche alcuni ormoni, come gli estrogeni femminili, e le loro variazioni durante il ciclo della vita di una donna (pubertà, gravidanza, menopausa) sembrano essere coinvolti nei meccanismi di insorgenza della malattia, spiegando quindi la maggiore incidenza osservata nelle donne in età fertile. Tuttavia, le evidenze scientifiche a supporto di quest’ultima teoria sono discordanti: infatti, non è stato ancora confermato un ruolo causale degli estrogeni nella comparsa del lupus.
A seconda dell'organo attaccato dal sistema immunitario, il lupus può avere diversi sintomi, colpendo ogni persona in modo differente.
Data questa natura così variabile, la diagnosi non è semplice e richiede numerosi accertamenti ed esami di laboratorio.
I sintomi della malattia, infatti, non sono sempre specifici e spesso si sovrappongono a quelli di tante altre malattie autoimmuni e non. In generale, uno tra gli esami più specifici per la diagnosi del lupus è l’individuazione di specifici auto-anticorpi, anticorpi anti-nucleo o ANA, presenti in quasi tutti i pazienti affetti dalla malattia.
Dal momento che questi anticorpi compaiono anche in altre malattie, si devono eseguire ulteriori accertamenti diagnostici per valutare la presenza di altri auto-anticorpi, tra cui gli anticorpi anti-DNA, anti-fosfolipidi e anti-cardiolipina, che possano dare un quadro più chiaro nella diagnosi della malattia.
Il lupus può interessare diversi punti del corpo umano, manifestando ogni volta una sintomatologia differente. La maggior parte delle persone che soffre di questa patologia, comunque, manifesta sintomi lievi che interessano essenzialmente le articolazioni, la cute e le mucose.
Per quanto riguarda i sintomi articolari, questi vanno da dolori articolari temporanei (artralgie) ad improvvisa infiammazione di diverse articolazioni in contemporanea (poliartrite acuta). I sintomi a carico delle articolazioni compaiono in circa il 90% dei pazienti e possono manifestarsi con anticipo sugli altri sintomi. In genere, l’infiammazione articolare è intermittente e non danneggia le articolazioni, solo di rado può portare a deformità articolare.
Caratteristici delle forme lievi di lupus sono anche i sintomi a carico di cute e mucose. La comparsa di un’eruzione cutanea a forma di farfalla su naso e guance, detto eritema malare a farfalla, è tipica, oltre a regioni rosse, piatte o in rilievo sulle zone esposte al sole di viso, collo, petto e gomiti. Sono invece di rara comparsa vescicole e ulcere cutanee sulle mucose del palato, dell’interno delle guance, delle gengive e dell’interno del naso.
Nelle sue forme più severe, la malattia può invece compromettere il corretto funzionamento delle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine), del cuore, dei polmoni, dell’intestino, del rene fino ad attaccare addirittura il sistema nervoso. Tra le diverse complicanze del lupus, il coinvolgimento renale è sicuramente la condizione più pericolosa. Questa condizione, detta anche nefrite lupica, può portare alla completa compromissione della funzionalità di filtrazione del rene, richiedendo spesso dialisi o trapianto.
L'andamento della malattia e dei sintomi variano da paziente a paziente. I sintomi come la febbre possono insorgere improvvisamente, facendo pensare ad una infezione, oppure possono svilupparsi gradualmente, in mesi o anni. La riacutizzazione della malattia, in inglese flares, è caratterizzata da febbre, malessere generale o dalla comparsa di tutti questi sintomi in maniera alternata, e cioè da periodi in cui i sintomi sono assenti o minimi a periodi in cui sono più marcati.
Per molti anni il lupus è stato considerato una malattia rara, a causa dell’alone di mistero derivante dalla difficoltà di ottenere una diagnosi. Spesso, infatti, si capiva che si trattava di lupus solo dopo molti anni dall’insorgenza dei primi sintomi. Per questo motivo le cure sono spesso difficili e la malattia attacca indisturbata diversi organi, debilitando l’organismo con esiti a volte fatali.
Sebbene ad oggi non esista una terapia definitiva che permetta di guarire completamente dal lupus, l'avanzamento delle conoscenze scientifiche della malattia ha permesso l’identificazione di cure e trattamenti in grado di ridurre e controllare i sintomi, migliorando notevolmente la qualità di vita dei pazienti. In particolare, è essenziale la tempestività nell’identificazione e nel trattamento della malattia: se l’infiammazione iniziale è ben controllata, la prognosi a lungo termine è favorevole anche nelle forme più severe, con danno a carico dei reni.
Indipendentemente dalla gravità dei sintomi, l’idrossiclorochina, un farmaco antimalarico di cui si è tanto parlato recentemente come cura per il Covid-19, viene somministrata per via orale in tutti i pazienti affetti da lupus in modo da diminuire la riacutizzazione della malattia.
Nei pazienti con manifestazioni articolari, cutanee o delle mucose vengono spesso utilizzati farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) che sono in grado di alleviare il dolore articolare, anche se una loro assunzione continua non è consigliabile data la possibile comparsa di effetti collaterali. Ai pazienti che presentano eruzioni cutanee o piaghe è consigliata un’attenta e controllata esposizione al sole e l’utilizzo di creme solari ad alto fattore di protezione. Le eruzioni cutanee possono essere anche trattate con periodiche applicazioni topiche di creme o unguenti a base di corticosteroidi.
Nelle forme più severe, in cui diversi organi vitali vengono colpiti dalla malattia, le attuali opzioni terapeutiche prevedono l’utilizzo di corticosteroidi e farmaci immunosoppressori per via endovenosa. Questi farmaci sono sostanzialmente mirati a sopprimere in modo generalizzato tutto il sistema immunitario al fine di alleviare i sintomi della malattia. Essendo farmaci non specifici, questi sopprimono tutte le cellule del sistema immune e non solo quelle che producono auto-anticorpi, lasciando spesso il paziente esposto ad effetti collaterali a volte gravi, come aumentata suscettibilità a contrarre infezioni o a sviluppare tumori.
Per questa ragione, l’uso a lungo termine di dosi elevate di corticosteroidi e farmaci immunosoppressori deve essere attentamente ponderato e, una volta controllata l’infiammazione iniziale, viene poi determinata una dose minima di corticosteroidi e immunosoppressori necessaria per sopprimere nella maniera più efficace l’infiammazione nel lungo periodo.
Grazie ai traguardi raggiunti dalla ricerca scientifica, oggi sono stati identificati alcuni dei meccanismi molecolari che portano alla comparsa della malattia. È stato identificato il ruolo chiave di un tipo di cellule del sistema immunitario, le cellule B, responsabili della produzione di tutti gli auto-anticorpi che attaccano le cellule e i tessuti sani del nostro organismo.
Ciò ha permesso di indentificare terapie più mirate ed efficaci, come ad esempio le terapie a base di anticorpi monoclonali. Questi farmaci di nuova generazione sono in grado di inibire in modo selettivo l’attività delle cellule B.
Il primo farmaco di questa classe ad essere stato approvato è belimumab che, in combinazione con terapie immunosoppressive di base, è indicato per il trattamento dei pazienti adulticon lupus severo che presentano compromissione renale. Belimumab è un anticorpo monoclonale progettato per legarsi e bloccare una proteina chiamata BLyS che normalmente aiuta i linfociti B a vivere più a lungo. Bloccando BLyS, belimumab è in grado di ridurre la vita delle cellule B cheproducono anticorpi, riducendo l'attività della malattia.
Altri studi sono al momento in corso per testare l’efficacia di belimumab in combinazione con altri anticorpi monoclonali, quali ilrituximab. Quest’ultimo anticorpo monoclonale è in grado di eliminare lecellule B e di ridurre quindi la produzione di auto-anticorpi che causano infiammazione e danno ai tessuti, lasciando però inalterato il funzionamento di tutte le altre cellule del sistema immunitario. La combinazione di questi due anticorpi monoclonali si è dimostrata promettente nell’indurre benefici immunologici e clinici in pazienti con lupus refrattarioalla terapia. Qualora i dati di questo studio fossero confermati in un numero più ampio di pazienti, questa combinazione potrebbe avere numerosi benefici per i pazienti affetti da lupus severo.
Di più recente approvazione è anifrolumab, un nuovo anticorpo monoclonale utilizzato come terapia aggiuntiva per il trattamento dei pazienti adulti affetti da lupus eritematoso sistemico attivo in forma da moderata a grave.Questo anticorpo monoclonale è progettato per legarsi ad un particolare recettore, chiamato recettore dell'interferone di tipo I. Nel lupus, l’interferone di tipo I supporta lo sviluppo delle cellule B autoreattive, fa sì che il sistema immunitario attacchi le cellule e i tessuti normali. Anifrolumab legandosi al suo recettore impedisce all'interferone di tipo I di legarsi adesso. Ciò blocca l’azione dell’interferone di tipo I e riduce l’infiammazione e il danno d’organo che si verifica nel lupus.
Ultime evidenze, molto incoraggianti, hanno dimostrato l’efficacia di terapie a base di CAR-T anche per la cura del Lupus Eritematoso Sistemico. CAR-T sta per Cellule T con Recettore Chimerico dell’Antigene. In pratica sono linfociti T modificati geneticamente in laboratorio per indurli a produrre un recettore artificiale sulla loro superficie. La terapia CAR-T oggi è utilizzata soprattutto per trattare alcuni tipi di tumori del sangue, quali linfomi e leucemie, così come il mieloma multiplo.
Le cellule T presenti normalmente nel nostro organismo sono tra le armi più potenti di difesa del sistema immunitario, in quanto capaci di legarsi e uccidere altre cellule che riconoscono come obiettivi da neutralizzare, comprese le cellule infettate da agenti virali, così come le cellule tumorali. I tumori però sono spesso in grado di eludere il sistema immunitario per poter crescere indisturbati nel nostro organismo. Grazie all'ingegneria genetica, i ricercatori sono riusciti a modificare le cellule T isolate del sangue di pazienti con tumori ematologici e di riprogrammarli in CAR-T le quali, una volta reintrodotte nel corpo del paziente, sono in grado di riconoscere ed eliminare in modo molto più efficiente le cellule tumorali.
In un recente lavoro di Nature Medicine, un gruppo di ricercatori tedesco ha dimostrato che le CAR-T possono essere sfruttate per eliminare in modo selettivo le cellule B nel Lupus Eritematoso Sistemico. Le cellula B sono le cellule del sistema immunitario che nei nelle malattie autoimmuni sono responsabili della produzione di anticorpi che erroneamente vanno a colpire i tessuti sani. Carl June e Daniel Baker, due ricercatori dell’Università della Pennsylvania e tra i principali esperti in questo campo, hanno provato a spiegare in un commento ad un articolo su Cell come mai cinque giovani pazienti affette da Lupus non beneficiavano di precedenti trattamenti contro la malattia autoimmune. Dopo aver effettuato un singolo trattamento con le CAR-T, i pazienti sono andati tutti in remissione e hanno sospeso le cure, manifestando remissione per tutto il periodo di follow-up di un anno. Le CAR-T, infatti, erano state capaci di rimuovere le cellule B esistenti.
In Italia, l’associazione di pazienti che si occupa di aiutare e supportare le persone affette da Lupus è Il Gruppo LES Italiano.
Oltre a voler essere un riferimento per i pazienti, l'associazione:
La ricerca del Dipartimento di Medicina Molecolare, strettamente collegata a quella del Dipartimento di Medicina Renale, si occupa da più di vent’anni di individuare nuove terapie per curare il lupus e di studiare i meccanismi alla base dell’insorgenza della nefrite lupica nei pazienti affetti da lupus, identificando il ruolo di diversi mediatori della patologia, quali la ciclossigenasi-2.
Inoltre, i ricercatori del Dipartimento di Medicina Molecolare si sono attivamente impegnati nell’identificazione di potenziali nuove terapie mirate a limitare il danno renale nei pazienti con lupus. Più recentemente, è partito un nuovo progetto volto a studiare un particolare tipo di cellule del sistema immunitario, i neutrofili, che potrebbero essere alla base dell’insorgenza della malattia. I neutrofili sono cellule del sistema immunitario che hanno il compito di distruggere i batteri che spesso invadono il nostro organismo. Durante la loro lotta contro gli agenti patogeni, i neutrofili rilasciano sostanze tossiche per intrappolare e distruggere i batteri. Si sospetta che queste sostanze una volta rilasciate possano avere un ruolo fondamentale nel lupus, in quanto in grado di innescare il sistema immunitario. Quest’ultimo attivandosi causerebbe la produzione di auto-anticorpi contro i tessuti del corpo che verrebbero poi distrutti.
Analizzare, quindi, i meccanismi molecolari alla base dell’attivazione dei neutrofili nel lupus potrebbe portare all’identificazione e allo sviluppo di terapie più mirate in grado di bloccare definitivamente l’insorgenza della malattia.
Sebbene non esistano ad oggi terapie in grado di indurre una guarigione definitiva dal lupus eritematoso, la diagnosi precoce unita alla continua evoluzione delle conoscenze dei ricercatori, hanno permesso un monitoraggio e un controllo molto più efficiente della malattia, limitando fortemente il danno permanente a livello dei tessuti e diminuendo la frequenza delle riacutizzazioni. Il lupus, dunque, è diventato ad oggi una malattia controllabile e rispetto al passato, in cui la sopravvivenza del paziente era spesso incerta, l’aspettativa di vita è del 100% a 5 anni dalla diagnosi della malattia. Con un attento follow-up e un trattamento adeguato, l'80-90% delle persone affette da upus può aspettarsi di vivere una vita normale.
Luca Perico - Laboratorio di Biologia Cellulare e Medicina Rigenerativa - Dipartimento di Medicina Molecolare