Uno studio appena pubblicato su una delle più autorevoli riviste scientifiche, il Journal of Internal Medicine, condotto dall'Istituto Mario Negri insieme al Policlinico di Milano, all’Ospedale San Giuseppe Multimedica, all’Università di Milano e alla Regione Lombardia, ha valutato l’impatto a distanza di sei mesi della prima ondata della pandemia in Lombardia.
Dall’analisi è emerso che una persona su cinque è tornata in ospedale durante i sei mesi successivi alla negativizzazione confermando quanto l'infezione da SARS-CoV-2 abbia strascichi importanti. Lo stato di infiammazione cronica, causato dal virus, provoca una deregolazione del sistema immunitario che persiste nel tempo. Ciò richiede quindi molte cure e più esami particolari.
Lo studio ha analizzato i dati messi a disposizione da Regione Lombardia relativi a più di 48 mila pazienti lombardi e ha confrontato le richieste al SSN tra il periodo che ha preceduto il Covid (giugno- dicembre 2019) e quello post prima ondata (giugno- dicembre 2020). I dati analizzati sono stati:
I pazienti, che avevano contratto l’infezione e si erano negativizzati entro il 30 Giugno 2020, sono stati suddivisi in chi era stato curato a domicilio (43%), chi era stato ricoverato in reparti ordinari (54%), chi invece era ricorso alla terapia intensiva (3%). Inoltre, dei pazienti curati a domicilio, il 64% era donna, a conferma di quanto l’infezione nel gentil sesso sia stata meno grave.
A distanza di sei mesi dalla guarigione, la percentuale più alta di pazienti deceduti (2%) corrisponde al gruppo di quelli ricoverati nei reparti non intensivi, la percentuale più alta di accessi al pronto soccorso (13,8%) è stata fatta da chi era stato curato a casa, mentre la percentuale più alta di chi ha avuto bisogno di un ulteriore ricovero (16,3%) appartiene al gruppo di chi era stato ricoverato in terapia intensiva.
In generale, nei mesi successivi alla guarigione e al tampone negativo, gli esami maggiormente richiesti sono stati spirometria (esame che valuta il corretto funzionamento dei polmoni), TAC ed elettrocardiogramma per problemi cardio-respiratori, renali e neurologici. Anche il consumo dei farmaci risulta aumentato sia per coloro che erano stati ricoverati in terapia intensiva che per coloro che erano stati assistiti in reparti ordinari.
Lo studio ha dunque dimostrato che le stesse persone hanno più che raddoppiato le visite mediche rispetto al periodo che precede la pandemia, nel 2019.
Revisioni sistematiche di altri paesi europei hanno confermato lo stesso risultato: il Covid provoca effetti a lungo termine e ripercussioni sulla salute. Ad esempio, i dati del sistema sanitario inglese relativi a 42mila pazienti ricoverati per il coronavirus hanno dimostrato come a distanza di cinque mesi dalle dimissioni, un terzo dei pazienti era stato nuovamente ricoverato e uno su dieci era deceduto.
Oggi, a distanza di due anni dall’inizio della pandemia, il disturbo post-Covid-19, chiamato anche Long Covid, è stato finalmente riconosciuto come entità clinica specifica, includendolo nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD) con dei suoi codici specifici.
I sintomi post-Covid più comuni nei pazienti ospedalizzati e non sono stati:
In aggiunta a questi, sono stati riferiti anche sintomi più soggettivi come stanchezza, insonnia, confusione e perdita di gusto e olfatto.
L’interrogativo più diffuso oggi è se anche la malattia provocata dalla variante Omicron avrà gli stessi effetti a lungo termine causati dal virus originario e dalle successive prime varianti. Per questo motivo lo stesso gruppo di ricercatori che ha svolto le analisi dei dati relativi alla prima ondata ha deciso di studiare l’impatto relativo alle condizioni attuali. La previsione fatta sulla base della pressione dei ricoveri ospedalieri di questi giorni, decisamente più bassa grazie ai vaccini e alle terapie farmacologiche, è che i risultati saranno diversi. Tuttavia, è chiaro che gli effetti a lungo termine delle persone colpite dal Long Covid rappresenteranno un costo ingente nei prossimi anni sul nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Raffaella Gatta - Content Manager
In collaborazione con Alessandro Nobili - Responsabile Dipartimento di Politiche per la Salute