Data prima pubblicazione
February 27, 2020

Farmaci per la memoria: servono davvero?

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Che cos'è la memoria?

"La memoria è lo spazio in cui le cose accadono per la seconda volta" (cit).

La capacità di codificare, conservare, consolidare, immagazzinare e rievocare informazioni ed esperienze derivate dall’ambiente e dall’attività di pensiero. Questa è la memoria, e quella umana può contenere fino ad un quadrilione di informazioni (pari a 50.000 volte le opere complete di Shakespeare!).

In condizioni normali l’essere umano utilizza solo il 30% delle potenzialità del proprio cervello e, dunque, della memoria.

Bisogna, però, distinguere tre stadi fondamentali connessi al processo di memorizzazione:

  1. La registrazione, ovvero la fase di acquisizione e codifica;
  2. Il consolidamento, cioè la fase di ritenzione o immagazzinamento;
  3. Il ricordo, ovvero la fase di recupero.

A supporto di questi processi devono, però, intervenire anche attenzione, concentrazione e percezione. Una "buona" memoria dipende non solo dal grado di integrità degli organi di senso ma anche dal livello di attenzione e dalla risonanza affettiva che l'evento esercita e come pure dalle circostanze in cui deve essere ricordato.

Come funziona e quanti tipi di memoria esistono.

Le informazioni esterne vengono immagazzinate in tre depositi differenti da cui vengono richiamate.

  1. La memoria sensitiva trattiene per pochi attimi  i dati che provengono dagli organi di senso, scartandone il 75%.
  2. Del rimanente 25% solo meno dell'1% viene selezionato nell'area del linguaggio e immagazzinato nella memoria primaria o a breve termine, che rappresenta il deposito più limitato dell'encefalo. La capacità di questa memoria è, infatti, limitata: se un'informazione non viene ripetuta con sufficiente frequenza, scompare. Il complesso dei dati presenti in ogni istante nella memoria a breve termine viene detto cuscinetto di ripetizione. L'informazione viene conservata nel cuscinetto finché non è trasferita nella memoria a lungo termine o finché non è rimpiazzata da una nuova.
  3. La memoria a lungo termine è ritenuta virtualmente illimitata, anche se la riattivazione di un'informazione può essere impedita dall'incompletezza delle associazioni necessarie alla sua identificazione. Quando imagazziniamo un'informazione, stimoliamo diverse aree del cervello creando delle associazioni e delle connessioni tra diverse cellule nervose (i neuroni). Quindi, ogni informazione corrisponde ad una “rete di neuroni specifici”, che memorizzano le informazioni non come fossero una fotografia, ma con un procedimento simile all’ologramma.

Esistono diversi tipi di memoria:

  • memoria di lavoro: consiste nella capacità di trattenere ed elaborare le informazioni da memorizzare, richiede attenzione e concentrazione (ad esempio ricordare una sequenza di numeri o ripercorrere mentalmente un itinerario)
  • memoria semantica: riguarda la conoscenza di oggetti, animali, avvenimenti e concetti; rappresenta il deposito culturale (ad esempio ricordare il nome del presidente della repubblica, il colore di un animale, etc.)
  • memoria procedurale: è relativa alle abilità manuali e mentali automatiche inconsce (ad esempio andare in bicicletta, guidare la macchina, etc...).
memoria

Cosa significa perdere la memoria?

La perdita di memoria o amnesia è un disturbo presente in molti tipi di patologie e può essere anterograda (quando non è più possibile apprendere e ricordare niente dopo l'evento lesivo) o retrograda (quando vengono cancellate memorie relative ad anni precedenti rispetto alla data della lesione).

La riduzione della memoria costituisce uno degli elementi cardinali del processo di invecchiamento cerebrale. A fronte di una stabilità del ricordo degli eventi passati nella loro globalità e successione cronologica, si osserva infatti una progressiva incapacità a memorizzare nuove situazioni, parole, nomi, etc. Episodi di "amnesia" per i nomi di persone familiari, per gli indirizzi, numeri di telefono, per i dettagli di eventi passati cominciano a manifestarsi già dai 40-50 anni.

Invecchiamento e memoria

Il processo biologico dell’invecchiamento comporta la progressiva perdita di strutture e funzioni dell'organismo, tra cui anche il cervello e le aree deputate al buon funzionamento della memoria.

Con l’invecchiamento l’immagazzinamento delle informazioni nel cervello risulta più difficile e richiede più tempo.

Inoltre, si ha maggiore difficoltà con la memoria a breve termine, quella che consente l’utilizzo immediato di informazioni recenti. Ansia e depressione sono cause comuni di problemi di memoria, soprattutto in età avanzata, come pure malattie non trattate adeguatamente come il diabete, l’ipertensione, le malattie della tiroide, le carenze alimentari, l’alcolismo e l’uso inappropriato di farmaci quali ansiolitici, sonniferi, antipsicotici.

Quali sono i farmaci per migliorare la memoria?

Purtroppo, non esistono evidenze sull’efficacia di farmaci o prodotti da banco sul miglioramento delle funzioni cognitive e della memoria.

Tuttavia, i farmaci/prodotti da banco utilizzati nelle terapie per migliorare la memoria sono:

Farmaci nootropi (Piracetam, citicolina, acetilcarnitina, aniracetam, etc), che migliorano la concentrazione, l'abilità di calcolo, la memoria, la creatività e le capacità cognitive, in generale. Tra questi ritroviamo: farmaci vasodilatatori cerebrali, che migliorano la circolazione sanguigna e l'ossigenazione cerebrale; farmaci che aumentano la produzione di neurotrasmettitori; farmaci che stimolano la crescita nervosa e la rigenerazione dei nervi; farmaci che migliorano il metabolismo cerebrale. Tra gli effetti collaterali si riscontrano iperstimolazione, disturbi del sonno e vertigini per il Piracetam, così come senso di fatica e tremore per la citicolina.

Melatonina, sostanza prodotta dalla ghiandola pineale (una piccola ghiandola al centro del cervello) durante le ore notturne, capace di influenzare il ritmo sonno-veglia. Inoltre, sembra avere effetti antiossidanti. Con l'avanzare dell'età, la produzione di melatonina diminuisce. Esistono integratori alimentari e panacee per i loro presunti effetti sulla sfera cognitiva, sistema immunitario e produzione di alcuni ormoni che regolano la crescita cellulare. Non esiste, però, nessuna evidenza scientifica che documenti la sua azione anti-invecchiamento o che possa prevenire e curare la demenza.

Ginkgo biloba, una pianta che ha effetti propagandati sulle demenze, sulle performance cognitive e sulle vasculopatie cerebrali. Gli estratti delle foglie di questa pianta stimolano il sistema nervoso centrale, migliorando il flusso sanguigno e la perfusione cerebrale, le funzioni cognitive e la memoria.

Lecitina, che ha possibili effetti sulle performance del sistema nervoso centrale, sulla diminuzione del colesterolo totale e dei trigliceridi. Tra gli effetti teorici si rilevano miglioramento dei disturbi cognitivi e della memoria, affaticamento mentale, aterosclerosi, acne e invecchiamento. Non c'è, comunque, nessuna evidenza scientifica che documenti l’azione anti-invecchiamento di questo farmaco, che, tra l'altro, è risultato privo di effetto nel trattamento delle demenze.

Spesso, oggi, si attribuiscono disturbi quali confusione mentali e decadimento cognitivo all'invecchiamento, senza tenere in considerazione il contributo dei farmaci anticolinergici. Comunque, in caso di riduzione della memoria, nessun farmaco è supportato da adeguate evidenze e studi scientifici che ne attestino l'efficacia (ad esempio l'etanercept).

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