La vitamina B12 (o cobalamina), è una vitamina idrosolubile fondamentale per il nostro corpo: a cosa serve, gli alimenti che ne sono ricchi, quali sono i sintomi di carenza e quando è necessaria un'integrazione.
La vitamina B12, nota anche come cobalamina, è una molecola essenziale che svolge diverse importanti funzioni biologiche. Dato che il corpo umano non è in grado di sintetizzarla autonomamente, pur avendone bisogno, deve essere regolarmente assunta attraverso l’alimentazione o, in alcuni casi, tramite adeguata supplementazione con farmaci a base di cianocobalamina.
La popolarità di questa vitamina, nota anche come “vitamina dell’energia”, spinge di sovente i pazienti a richiederne la prescrizione anche senza alcuna evidenza di carenza. Capita che però gli integratori si rivelino inutili, se non dannosi. “Vitamina B12 = antidoto contro la stanchezza”, infatti, non è un’equazione matematica. A volte basta un’alimentazione sana e varia, come può essere la dieta mediterranea, per dare al nostro organismo tutto ciò di cui ha bisogno.
In questo articolo scopriremo quando è realmente consigliabile prescriverla e come assumerla o aumentarla “naturalmente” grazie al consumo di alcuni alimenti.
La vitamina B12 è coinvolta in diversi ruoli fondamentali per garantire all’organismo il perfetto funzionamento, tra cui la produzione di globuli rossi sani, la sintesi del DNA e della mielina, quella guaina preziosa che ricopre e protegge le nostre fibre nervose e il metabolismo di RNA, proteine e grassi.
«Non ci sono benefici comprovati nell’assunzione di vitamina B12 per la stanchezza, a meno che non si soffra di una carenza che provoca anemia», spiega la dott.ssa Trisha Pasricha - gastroenterologa al Massachusetts General Hospital e docente di medicina alla Harvard Medical School - in un articolo recentemente apparso sul Washington Post. Non tutti sanno, infatti, che l’anemia può derivare non solo da una carenza di ferro ma anche di vitamina B12, la cui prescrizione in questo caso può rivelarsi utile. Vale lo stesso anche in caso di sintomi neurologici, come difficoltà a camminare, spossatezza, intorpidimento, confusione, difficoltà di concentrazione, demenza o perdita dei riflessi, che possono essere anch’essi dovuti a una carenza di vitamina B12.
«È però un errore considerarla un rimedio generico per dolori muscolari, artrite, insonnia o debolezza generalizzata (in assenza di anemia)», sottolinea la divulgatrice.
Prima di assumere un integratore senza un beneficio confermato, la cosa migliore da fare è chiedere al proprio medico di fiducia una serie di esami del sangue per rilevare i livelli di vitamina B12 e i biomarcatori correlati.
Gli studi ci dicono che a rischio carenza di vitamina B12 sono soprattutto le persone over 65, i vegetariani e i vegani, le persone affette da malattie autoimmuni come la tiroidite o una particolare forma di anemia detta perniciosa, derivata da una cattiva produzione di cellule nel sangue.
In caso di vitamina B12 bassa è consigliabile quindi un’ adeguata supplementazione. In tutti gli altri casi, anziché assumere un integratore senza un beneficio confermato - scrive Il Post - meglio vagliare col proprio medico modalità alternative utili a migliorare i propri livelli di energia, come possono essere un cambio dieta o in generale delle modifiche al proprio stile di vita.
Anche la vitamina B12 alta, così come la vitamina B12 bassa, comporta dei rischi per la salute. Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Jama Geriatrics elevati livelli di questa vitamina nel sangue sono stati difatti correlati a una maggiore mortalità, soprattutto nelle persone anziane e in quelle con malattie renali.
Il nostro fabbisogno quotidiano di vitamina B12 è pari ad almeno 2mg. La vitamina B12 è naturalmente presente nelle proteine di origine animale: ne sono ricchi i frutti di mare, la carne, il pesce, le uova e i latticini.
Tra gli alimenti più ricchi di vitamina B12 ritroviamo:
Sebbene alcuni vegetali come l’alga spirulina, funghi (in particolare i funghi shiitake) o la Kombucha (the cinese) contengano vitamina B12, quest’ultima è presente in questi alimenti in quantità talmente esigue da risultare inutili per il fabbisogno umano. Non consumando carne e alimenti di origine animale, i vegani sono quindi fra i più soggetti alla carenza di vitamina B12. In caso di vitamina B12 bassa si rende necessaria un’integrazione o il consumo di alimenti arricchiti con vitamina B12 comunemente presenti in una dieta vegana come ad esempio il lievito alimentare, condimento dal sapore simile al formaggio che in commercio si trova sottoforma di scaglie o di polvere ed è spesso protagonista delle ricette vegane.
Tra gli altri alimenti fortificati e/o arricchiti che possono essere consumati nell’ambito di una dieta vegana ritroviamo:
Generalmente le donne in gravidanza o durante l’allattamento devono assumerne un quantitativo maggiore, così da fornire il giusto apporto al feto. Basta però un'alimentazione varia per consentire di assumere una quantità di vitamina B12, e delle altre vitamine come ad esempio la vitamina D, sufficiente a coprire il fabbisogno aumentato, senza necessità di integrazioni: “L'unica vitamina che ha bisogno di essere integrata è l'acido folico - sottolinea Antonio Clavenna, responsabile del Laboratorio di Epidemiologia Evolutiva presso l’Istituto Mario Negri - la maggiore richiesta di questa vitamina idrosolubile nei primi mesi di gravidanza non può essere soddisfatta soltanto con la dieta”. Nel caso della vitamina B12 la supplementazione in gravidanza o durante l'allattamento può essere necessaria in presenza di malattie che ne riducono l'assorbimento o quando la dieta è vegana o vegetariana.
Anche nei bambini, l'alimentazione è sufficientemente varia, il fabbisogno di vitamina B12 è soddisfatto e non c'è bisogno di integratori o farmaci, a meno che non presentino alcune patologie o seguano un'alimentazione vegetariana o vegana.
In passato si credeva che gli antibiotici diminuissero l'assorbimento delle vitamine e che fosse necessario accompagnare la terapia con questi farmaci con un integratore vitaminico. Questo, però, non avviene: il trattamento antibiotico non riduce la disponibilità delle vitamine nell'organismo, se non in casi del tutto eccezionali (per esempio terapie particolarmente prolungate nel tempo).
Marianna Monte - Giornalista