Viene considerata la causa più frequente di infezione delle vie respiratorie nei bambini al di sotto dei 2 anni. Tutto sul virus respiratorio sinciziale (RSV).
Il virus respiratorio sinciziale (RSV) è estremamente comune nei neonati: come riportato dalla società italiana di neonatologia, oltre il 60% dei bambini contrae l'infezione entro il primo anno di vita, e quasi tutti vengono infettati almeno una volta entro i due anni dalla nascita.
In una determinata coorte di nascite – ovvero un gruppo di bambini nati nello stesso periodo – più del 20% sviluppa una forma sintomatica abbastanza grave da richiedere assistenza medica, come consulti ambulatoriali o terapie di supporto. Nei casi più seri, circa il 4% dei bambini nel primo anno di vita necessita di ricovero ospedaliero. Tra coloro che vengono ospedalizzati, un bambino su cinque richiede cure intensive in reparti specializzati a causa di gravi difficoltà respiratorie che possono richiedere ossigenoterapia o, in casi estremi, supporto alla ventilazione. Le conseguenze dell'infezione da virus respiratorio sinciziale non si limitano al periodo acuto, ma a lungo termine circa il 70% dei bambini che contrae la malattia in forma severa va incontro a episodi di broncospasmo ricorrente negli anni successivi e quasi la metà sviluppa asma bronchiale con effetti a lungo termine sulla salute respiratoria dei neonati.
Alcuni fattori aumentano notevolmente il rischio di complicazioni gravi. Tra questi rientrano la nascita prematura, la displasia broncopolmonare (una malattia cronica polmonare nei neonati prematuri), cardiopatie congenite e condizioni che comportano un deficit immunitario o neuromuscolare. Ciononostante, studi italiani condotti su cinque stagioni invernali mostrano che ben l'88% delle ospedalizzazioni per virus respiratorio sinciziale si verifica in bambini sani e nati a termine. Questo dato sottolinea come questo virus possa colpire severamente anche i bambini senza condizioni predisponenti, sottolineando quanto sia più che mai cruciale una strategia nazionale per il sostegno e la tutela della salute neonatale.
Il virus respiratorio sinciziale è un virus a RNA a singolo filamento appartenente alla famiglia Pneumoviridae e al genere Orthopneumovirus. La sua struttura esterna è caratterizzata da proteine di superficie, tra cui la proteina F, responsabile della fusione del virus con le cellule dell’ospite e della formazione dei caratteristici sincizi, cioè aggregati di cellule infette fuse tra loro. Il patogeno si trasmette facilmente attraverso le microparticelle disperse nell'aria con starnuti e colpi di tosse e il contagio può avvenire anche attraverso il contatto con superfici contaminate. Questa facile trasmissibilità lo rende particolarmente problematico nelle comunità con alta densità abitativa e nei reparti pediatrici ospedalieri.
Il virus respiratorio sinciziale è diffuso a livello globale con un aumento dei casi nei mesi invernali tra ottobre/novembre – marzo/aprile. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, causa 33 milioni di casi con un numero significativo di ospedalizzazioni e tra i 66.000 a 199 000 decessi di bambini sotto i cinque anni ogni anno a livello globale.
Il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie riporta che ogni anno nell’Unione Europea, il virus respiratorio sinciziale è responsabile del ricovero ospedaliero di circa 213.000 bambini sotto i cinque anni, alcuni dei quali necessitano di terapia intensiva. Si stima che nella stagione 2022-2023, circa il 50% delle sindromi simil-influenzali nei bambini con meno di due anni sia stato causato da questo microrganismo. Inoltre, il tasso di ospedalizzazione in età pediatrica correlato al patogeno è in continuo aumento nelle ultime stagioni rispetto a quanto registrato negli anni precedenti.
Ma il virus respiratorio sinciziale non colpisce solo i bambini e l’impatto negli adulti rimane ancora sottostimato. In Europa, negli adulti over 60 si stimano circa 3 milioni di casi di sindromi respiratorie acute, più di 465mila ospedalizzazioni e più di 33mila decessi in ambito ospedaliero correlati a complicanze dell’infezione da virus respiratorio sinciziale.
I sintomi dell’infezione da virus respiratorio sinciziale possono variare notevolmente tra bambini e adulti, con manifestazioni generalmente più gravi nei più piccoli. Nei neonati e nei bambini piccoli il patogeno causa spesso infezioni delle vie respiratorie inferiori con conseguente infiammazione dei bronchioli e dei polmoni. I sintomi più comuni della bronchiolite e polmonite da virus respiratorio sinciziale includono:
Negli adulti e negli adolescenti sani, l’infezione da virus respiratorio sinciziale (RSV) tende a manifestarsi con sintomi più lievi, simili a quelli di un comune raffreddore, tra cui:
Negli adulti più anziani o in quelli con condizioni di salute preesistenti (come malattie cardiache o polmonari), il virus può causare sintomi respiratori più seri, come difficoltà respiratorie e infezioni alle basse vie respiratorie, aumentando il rischio di complicazioni simili a quelle osservate nei bambini piccoli.
Il trattamento per le infezioni da virus respiratorio sinciziale è principalmente sintomatico e varia a seconda della gravità della malattia e dell'età del paziente. La gestione si concentra principalmente sul trattamento dei sintomi e sul supporto respiratorio.
Nei casi gravi, i bambini possono necessitare di ricovero per ricevere un monitoraggio più attento e trattamenti avanzati, come ventilazione meccanica o supporto respiratorio.
Attualmente non esistono trattamenti antivirali specifici approvati per il trattamento del virus respiratorio sinciziale in bambini o adulti. Sono in corso studi clinici per valutare l'efficacia e la sicurezza di un farmaco antivirale sperimentale – Ziresovir – per il trattamento delle infezioni da virus respiratorio sinciziale. Ziresovir inibisce la trascrizione del genoma virale e, di conseguenza, limita la produzione di nuovi virus. I risultati preliminari pubblicati poche settimane fa sul New England Journal of Medicine hanno mostrato che il farmaco può ridurre i sintomi e la gravità dell'infezione in neonati con forme moderate e gravi di malattia. Tuttavia, come per tutti i farmaci sperimentali, ulteriori ricerche sono necessarie per stabilirne l'efficacia a lungo termine, il profilo di sicurezza e le possibili applicazioni terapeutiche.
Altre strategie di cura sono in fase di valutazione. Ad esempio EDP-938 è un promettente inibitore virale sviluppato per il trattamento delle infezioni da virus respiratorio sinciziale. Questo composto agisce come inibitore della nucleoproteina del virus, bloccando la replicazione virale. Studi clinici hanno mostrato che EDP-938 può ridurre significativamente la carica virale nei soggetti infetti. In particolare, un trial clinico di fase 1 ha evidenziato la sua sicurezza e tollerabilità, oltre a un'attività antivirale contro il virus respiratorio sinciziale.
Se approvati in futuro, questi trattamenti antivirali potrebbe rappresentare una nuova opzione terapeutica per il trattamento delle infezioni da virus respiratorio sinciziale, offrendo un’alternativa agli attuali approcci basati sulla gestione dei sintomi e sul supporto respiratorio.
Nel 2023, l'Agenzia Europea per i Medicinali ha approvato il primo vaccino per il virus respiratorio sinciziale in Europa. Questo vaccino, chiamato Arexvy, è specificamente progettato per proteggere le persone di età pari o superiore ai 60 anni dall'infezione da virus respiratorio sinciziale. Arexvy è un vaccino adiuvato a subunità proteica, progettato per indurre una risposta immunitaria contro una particolare proteina del virus – chiamata RSVPreF3, che permette a quest'ultimo di fondersi ed infettare le nostre cellule respiratorie. Gli studi clinici hanno dimostrato un'efficacia complessiva del 82,6% nella prevenzione della malattia respiratoria, con un'efficacia particolarmente elevata (94,1%) contro i casi gravi di malattia. È stato generalmente ben tollerato, con effetti collaterali lievi e transitori come dolore al sito di iniezione e affaticamento.
Attualmente sono diversi vaccini in fase di sviluppo e in vari stadi di sperimentazione clinica:
Sebbene l'utilizzo dei vaccini contro il virus respiratorio sinciziale si sia dimostrato efficace negli adulti, la loro somministrazione nei neonati presenta diverse sfide. I neonati nascono con un sistema immunitario ancora in fase di sviluppo, il che limita la loro capacità di rispondere efficacemente ai patogeni. Questo sistema immunitario immaturo rende difficile indurre una risposta adeguata a un vaccino.
Per essere efficace, un vaccino deve stimolare una risposta immunitaria specifica in base al virus per cui è progettato. Ci sono due principali tipi di risposta immunitaria: Th1 e Th2. La risposta Th1 è cruciale per combattere virus e batteri intracellulari, poiché favorisce la produzione di cellule T che possono attaccare direttamente le cellule infette. Al contrario, la risposta Th2 è più utile contro allergeni e parassiti, contribuendo alla produzione di anticorpi in grado di neutralizzare i patogeni.
Alla nascita, la risposta immunitaria dei neonati tende a essere sbilanciata verso il tipo Th2, risultando meno efficace contro virus respiratori come il virus respiratorio sinciziale, che richiedono una risposta di tipo Th1 per l'eliminazione virale. Questo squilibrio immunologico porta a una risposta incompleta, riducendo la protezione ottimale e duratura contro il virus nei primi mesi di vita.
Inoltre, l’efficacia di un vaccino è influenzata dall'età in cui viene somministrato. Per il virus respiratorio sinciziale, esiste una finestra ristretta in cui i neonati e i lattanti sono più suscettibili all'infezione. Questo richiede che le campagne vaccinali siano pianificate con attenzione e che i vaccini siano disponibili in tempi critici, presentando sfide logistiche significative.
Per ovviare a questi problemi, alcune ricerche stanno testando la capacità della vaccinazione con Arexvy o Abrysvo nelle donne in gravidanza per aumentare la quantità di anticorpi contro il virus respiratorio sinciziale materni trasmessi al neonato prima della nascita o attraverso il latte materno dopo la nascita. Tuttavia, anche questa strategia presenta limitazioni, come la durata relativamente breve della protezione passiva fornita dagli anticorpi materni e l’inefficacia della protezione nel caso di nascite molto premature.
Per questi motivi, sono state studiate soluzioni più efficaci per proteggere i neonati, come gli anticorpi monoclonali.
Questi sono anticorpi creati in laboratorio che possono legarsi a specifiche proteine del virus respiratorio sinciziale, come la proteina di fusione RSVPreF3, bloccando la capacità del virus di infettare le cellule. La differenza con gli anticorpi che produciamo nel nostro organismo è che quelli monoclonali hanno un'alta specificità nei confronti di un antigene (in questo caso di un virus) specifico e sono tutti uguali, mentre noi ne produciamo molti e molto diversi che riconoscono parti differenti di un virus o di un batterio. Gli anticorpi monoclonali offrono una protezione immediata e specifica contro il virus senza richiedere una risposta immunitaria autonoma dell’individuo contagiato dal virus, mentre i vaccini richiedono tempo per stimolare il sistema immunitario e spesso necessitano di più iniezioni per sviluppare una risposta sufficiente. Questo è cruciale durante la stagione di picco delle infezioni da virus respiratorio sinciziale, quando i bambini ad alto rischio possono essere esposti al virus e sviluppare malattie gravi.
Attualmente ci sono due anticorpi monoclonali approvati per la prevenzione del virus respiratorio sinciziale negli infanti: