Il Foglio Salute - 12 Novembre 2021
La vaccinazione continua a tenere banco. Criticata dai meno, osannata di più, conosciamo meglio la vera arma che oggi abbiamo per contenere contagi e debellare il virus.
E parliamo di osannare proprio perché quella che proponiamo oggi non è la solita intervista, ma il commento a “un’ode” che chiaramente porterà a interessanti conclusioni sul terreno della scienza. È il Professor Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
Nel 1806 Alessandro Manzoni scrive un’ode “In morte di Carlo Imbonati”, nobiluomo, colto e molto ricco, compagno della madre Giulia Beccaria e oggi Lynda Stuart sul più grande giornale di medicina del mondo scrive “In Gratitude for mRNA Vaccines”. Un’ode anche lei, questa volta in onore di chi ha regalato al mondo i vaccini a mRNA. Che emozione! “Nessuno ti ringrazia – di solito - per averti salvato da una malattia che nemmeno sapevi ti avrebbe colpito” (e per cui avresti potuto morire, aggiungo io). Pochi si rendono conto - specie fra coloro che hanno scelto di lamentarsi sempre e comunque - di quanto sia lunga e piena di imprevisti la strada per arrivare a un vaccino, che non solo deve essere efficace ma straordinariamente sicuro se lo vuoi dare a persone sane, che proprio per questo non puoi permetterti si ammalino a causa del vaccino.
Per avere un vaccino efficace anche solo qualche anno fa ci volevano fra i 15 e i 10 anni, solo 4 per quello della parotite, averlo in soli 11 mesi per Covid-19 è stato semplicemente fantastico. O no? Anche perché questo risultato non viene dal nulla ma da quasi dieci anni di ricerche sull’mRNA con buona pace di chi casomai pensasse che si sono fatte le cose troppo in fretta e allora… “meglio non vaccinarsi”.
Elencare le difficoltà che Drew Weissman e Katalin Karikò hanno dovuto superare sarebbe lungo e nemmeno troppo avvincente, vi basti pensare che sono serviti moltissimi esperimenti sugli animali, anche solo per trovare la dose giusta di mRNA capace di formare la proteina spike, senza far danni. E poi bisognava saper imbrogliare il sistema immune se no l’mRNA sarebbe stato rigettato e, come se non bastasse, c’era da lavorare sulle nanoparticelle lipidiche per veicolarlo. Se ci pensate bene, siamo stati incredibilmente fortunati, questi passi avanti nella ricerca di laboratorio sono stati tutti completati prima della pandemia. Poi quando è arrivato il virus le compagnie farmaceutiche erano pronte ed è stato come se lo fossero per cogliere i frutti di uno straordinario successo.
I vaccini a mRNA sono efficaci – al di là delle più ottimistiche previsioni – e sicuri, ne sono già state somministrate un miliardo di dosi nel mondo e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Arriveremo a due miliardi alla fine del 2021 e a quattro miliardi nel 2022. Tutto questo risulterà fondamentale per la lotta al Covid; però finché non saremo riusciti a vaccinare gran parte degli abitanti della Terra continueranno ad esserci diseguaglianze insopportabili.
Questi vaccini che hanno salvato la vita di tante persone sono stati distribuiti prevalentemente ai paesi ricchi, ma i paesi poveri sono rimasti ai margini e questo non può lasciarci indifferenti. Mentre noi discutiamo, ci accapigliamo, facciamo manifestazioni per contestare il Green Pass (una misura importantissima anche per proteggere gli altri, compresi i nostri familiari, e non solo noi stessi) non ho visto manifestazioni, marce, voci che si alzano perché si possano vaccinare le persone che vivono in Kenya, Tanzania, Bangladesh, in molte parti del Sudamerica, in Indonesia nelle Filippine.
Weissman e Karikò hanno già salvato milioni di vite, ma il loro lavoro va ben al di là di questo. Servirà certamente per avere vaccini più sicuri per l’influenza e per averne altri completamente nuovi per malaria, tubercolosi e HIV.
Grazie Drew e Katalin a nome di tutti quelli che nel mondo hanno avuto la fortuna di poter essere vaccinati.
Giuseppe Remuzzi - Direttore Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCSS
Mario Benedetto - Giornalista de Il Foglio