Il 4 e 5 Luglio scorsi, presso l’Istituto Mario Negri di Milano, si è tenuto un convegno scientifico sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), una malattia neurodegenerativa rara grave che provoca una paralisi progressiva e totale dei muscoli scheletrici sino a provocare la morte. L’obiettivo del convegno, che si è sviluppato in tre sessioni seguite da una tavola rotonda, era di fornire gli elementi chiave per una migliore comprensione dell’eterogeneità della SLA per lo sviluppo di terapie più mirate ed efficaci.
“Un aspetto importante di questa malattia che contribuisce a renderla incurabile è la sua eterogeneità fenotipica e la variabilità nei tempi d’insorgenza e di progressione. Per questo riteniamo così importante e attuale questo workshop, il primo specificamente dedicato a questo argomento” spiegano gli organizzatori Ettore Beghi, Caterina Bendotti, Valentina Bonetto ed Elisabetta Pupillo. “Siamo molto contenti che diversi relatori europei, tra i maggiori esperti di questa malattia, abbiano accettato di contribuire a questo convegno al quale hanno partecipato più di 80 auditori tra clinici e ricercatori di base”.
Durante la prima sessione il focus è stato quello di offrire una panoramica sull’epidemiologia clinica della SLA, con particolare riferimento ai fattori di rischio ambientali e alla suscettibilità genetica, al fine di spiegare la presenza di malattie associate (comorbilità) e il diverso impatto sul rischio d’insorgenza e la progressione della malattia. Infatti, mentre i pazienti con demenza hanno una sopravvivenza più breve della media dei pazienti SLA, quelli con diabete vivono più a lungo. Anche lo stile di vita influenza l’esordio della malattia. Un basso indice di massa corporea è un fattore di rischio per lo sviluppo della SLA, in linea con il riscontro di bassi livelli di colesterolo e la minor frequenza di altri fattori di rischio vascolari. Al contrario i traumi ripetuti sono associati ad una maggiore incidenza di SLA mentre sono controversi gli effetti dell’attività fisica. L’analisi approfondita di questi fattori, grazie allo sviluppo di registri di popolazione, potrebbe fornire la chiave per capire la maggiore incidenza di SLA in alcune categorie di pazienti, come i calciatori professionisti, e aiutare a identificare fenotipi particolari per selezionare popolazioni più omogenee da arruolare negli studi clinici. Questo vale maggiormente quando si considera anche la suscettibilità genetica. Infatti, è ormai consolidata l’idea che anche la SLA sporadica possa avere un origine genetica. La rapida espansione di questa branca della ricerca porterà presto all’identificazione di varianti genetiche associate con l’eterogeneità della malattia e aiuterà a selezionare i pazienti per l’inclusione negli studi clinici. Il trattamento con Litio, ad esempio, aumenterebbe la sopravvivenza in un sottotipo di pazienti portatori della mutazione UNC13A.
Ad oggi esistono numerose evidenze sul contributo dei biomarcatori nel plasma e/o nel liquor, per poter eseguire una diagnosi precoce, prevedere la durata della malattia e monitorare l’effetto di terapie. I livelli di neurofilamenti a basso peso molecolare (NFL) si sono rivelati utili nel distinguere i pazienti con diversa velocità di progressione della SLA. Anche dall’analisi della risonanza magnetica dell’encefalo e del midollo spinale sono emersi indicatori utili per predire l’evoluzione della malattia e definire criteri di eterogeneità dal punto di vista neuropatologico. Dall’analisi dei PBMC (N.d.R. cellule mononucleate da sangue periferico) di pazienti con esordio precoce o tardivo sono emersi, invece, biomarcatori utili per la selezione di pazienti da sottoporre a terapie che aumentano il controllo della qualità delle proteine. Alcuni di questi marcatori sono stati identificati anche in vescicole extracellulari presenti nel plasma.
Un aspetto critico riguarda l’identificazione della fase presintomatica e di quella prodromica per lo sviluppo di terapie in grado di modificare il decorso della malattia prima che emerga un danno motoneuronale irreversibile ed una paralisi muscolare debilitante. A questo proposito sono stati presentati alcuni studi di risonanza magnetica in pazienti portatori della mutazione C9orf72 che mostravano alterazioni significative nella corteccia cerebrale prima dell’esordio dei sintomi. Inoltre, sono state identificate variazioni nei livelli di microRNA, piccole molecole che regolano l’espressione di una vasta gamma di trascritti, nel sangue di individui portatori di mutazioni genetiche associate alla SLA prima di sviluppare la malattia. Alcuni microRNA erano alterati già 10 o 20 anni prima dell’esordio dei sintomi facendo, dunque, intravedere la possibilità di scoprire i meccanismi molecolari responsabili dello sviluppo della malattia.
Per capire se le variazioni biomolecolari nel sangue dei pazienti sono lo specchio di quel che avviene nel sistema nervoso centrale o nei muscoli, tessuti non facilmente accessibili nell’uomo, è necessario disporre di modelli sperimentali. All’analisi dei modelli è stata dedicata la terza sessione del convegno. Sono stati presentati diversi risultati che hanno messo in evidenza l’eterogeneità della malattia in topi portatori dello stesso gene mutato associato alla SLA e ciò in dipendenza della variabilità nel background genetico, del sesso e della presenza di altre mutazioni genetiche, tutte condizioni che si ritrovano anche nei pazienti. Altri modelli come Zebrafish e Drosophila, sebbene più distanti dall’uomo rispetto ai roditori, sono fondamentali per approfondire lo studio dei meccanismi patogenetici associati a specifiche mutazioni geniche, come FUS, TDP43 e C9orf72, e per uno screening di potenziali modificatori di questi meccanismi da validare successivamente in altri modelli e nei pazienti.
Un modello cellulare potenzialmente ideale per capire i meccanismi molecolari associati all’ eterogeneità della malattia sono le cellule derivate dai pazienti stessi ed in particolare le cellule staminali pluripotenti inducibili (iPSC) che possono essere trasformate in motoneuroni. Sono stati presentati risultati interessanti sull’uso di queste cellule per lo studio dei meccanismi di aggregazione della proteina TDP43. Tuttavia, come evidenziato per le iPSC derivanti da un paziente portatore della mutazione C9orf72, esiste una variabilità tra le varie linee di cellule originate dallo stesso paziente, fonte di ulteriore complessità, se non propriamente controllata.
Ultimo tema del convegno è stato il potenziale uso della medicina di precisione o personalizzata per far fronte all’eterogeneità della SLA. Alla opinione dei tre “discussant”, che hanno riassunto le implicazioni dell’epidemiologia, della genetica e dei modelli sperimentali per lo sviluppo di terapie personalizzate, è seguita una discussione che ha coinvolto il pubblico, il quale si è largamente dichiarato a favore allo sviluppo della medicina personalizzata per la SLA. In effetti, almeno per le forme genetiche da SOD1, le terapie in sperimentazione sembrano essere promettenti.
A chiusura dei lavori l’associazione “Io corro con Giovanni”, che gestisce il bando di concorso PriSLA in memoria del Dott. Giovanni Longoni, ha premiato 30 tesi di laurea e di dottorato dedicate allo studio della SLA. Le tre migliori tesi, selezionate da una commissione costituita da clinici e ricercatori nel campo della sclerosi laterale amiotrofica, sono state presentate dai tre giovani ricercatori:
Caterina Bendotti, Laboratorio di Neurobiologia e Terapia Preclinica, Dipartimento di Neuroscienze
Ettore Beghi, Laboratorio Malattie Neurologiche, Dipartimento di Neuroscienze
Elisabetta Pupillo, Laboratorio Malattie Neurologiche, Dipartimento di Neuroscienze
Valentina Bonetto, Laboratorio di Biomarcatori Traslazionali, Dipartimento di Neuroscienze
Editing Raffaella Gatta - Content editor