Il nome SARS-CoV-2 deriva da:
Invece, la malattia causata dal coronavirus del 2019 è stata chiamata Covid-19, dove COVI sta per coronavirus e D sta per disease (malattia in inglese) e 19 indica l’anno della comparsa (2019).
Gli scienziati sono in grado di ricostruire l’origine dei virus attraverso il confronto del materiale genetico del virus sconosciuto con quello di specie già note. In questo modo è possibile risalire alla sua origine, rappresentata come la radice di un albero, e alla sua evoluzione, rappresentata dai rami. Da qui il termine albero filogenetico.
Grazie a questi studi, è stato completamente escluso che il virus sia stato creato in laboratorio. Anzi è emerso che l’origine più probabile del SARS-Cov2 sia da attribuire al pipistrello e che sia poi giunto all’uomo attraverso un animale chiamato pangolino, un mammifero molto comune in Cina.
Sappiamo che esiste la possibilità che eventi come le epidemie o le pandemie si verifichino ma è difficile prevedere esattamente quando avverranno.
Possiamo però cercare di arginarle, studiandone la diffusione.
Per esempio, nel caso della SARS nel 2003, le veloci misure di sicurezza introdotte dal medico italiano Carlo Urbani hanno permesso di contenerne gli effetti. Molte di queste strategie sono le stesse che sono state adottate per affrontare la pandemia di oggi.
Quello che dobbiamo fare è trarre degli insegnamenti da queste vicende: in particolare sarebbe bene rivalutare il rapporto dell’uomo con ciò che lo circonda, come ad esempio con l’ambiente, oltre alla promiscuità con animali di specie diverse, come avviene nei mercati.
Ma... se il Covid viene dagli animali perché gli uomini sono stati contagiati solo ora? Prima di essere nell’uomo il virus era in circolo negli animali? Lo è ancora adesso? Il virus si potrà evolvere?
Quando un virus si riproduce, crea molte copie del suo materiale genetico. Più copie crea, più è probabile che facendolo introduca degli errori, cioè delle mutazioni. Non tutte queste mutazioni però hanno conseguenze sul virus, perché non influenzano la struttura 3D delle sue proteine. Altre volte, invece, le mutazioni possono trasformare il virus in una forma più aggressiva, per esempio rendendolo capace di entrare più facilmente all’interno delle cellule dell’organismo ospite. Grazie a questo tipo di mutazioni il virus può anche diventare capace di fare il cosiddetto “salto di specie” cioè passare dall’animale all’uomo, evento che non è prevedibile.
Ad oggi sappiamo che il SARS-CoV-2 muta molto più lentamente rispetto ai virus della stessa famiglia, accumulando in media 2 mutazioni per mese, che sono circa la metà di quanto fa il virus dell’influenza.
Finché il virus non sarà debellato, si può supporre quindi che rimanga in circolo non solo nell’uomo ma anche negli animali. Bisogna comunque considerare che ci sono stati casi di salto di specie, come per esempio con l’aviaria, in cui il virus però non si è trasmesso da uomo a uomo.
Laura Mannarino - Laboratorio di Farmacologia antitumorale - Dipartimento di Oncologia
Editing Raffaella Gatta - Content manager