Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), o acidi perfluoroacrilici, sono una famiglia di composti chimici ampiamente utilizzati dall’industria in quanto idrorepellenti e oliorepellenti. Per semplificare si tratta di acidi molto forti, resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione. Questa azione deriva dalla sostituzione degli atomi di idrogeno, comunemente presenti nelle sostanze, con atomi di fluoro attraverso dei legami fra carbonio e fluoro.
I PFAS nascono negli anni '40 come composti chimici detti “di sintesi”. Oggi ne contiamo oltre 4.000 sostanze. Si ritrovano ovunque, nella nostra vita quotidiana: dalle pentole antiaderenti, all’abbigliamento e alle scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari e nei pesticidi.
Negli ultimi anni i PFAS e i loro derivati sono stati sotto indagine per il loro effetto negativo sull’ambiente e sulla salute. Sono recenti le notizie diffuse circa la contaminazione dell’acqua destinata al consumo giornaliero in Veneto e Lombardia.
Nessun allarmismo, però: l’acqua del rubinetto si può bere perché è controllata mediante procedure molto serrate.
Vi sono molteplici processi industriali in cui i PFAS sono utilizzati:
I PFAS rappresentano un rischio per l’uomo e per l’ambiente. Purtroppo, possono penetrare nelle acque sotterranee, se non ben gestiti durante i processi di lavorazione industriale, finendo addirittura per accumularsi nelle piante. Qui vanno ad incrementare il rischio di ingresso nella catena alimentare, venendo assorbiti dal sangue con conseguenze che sono tuttora oggetto di numerosi studi scientifici per il loro impatto sulla salute.
Dai risultati di ultimi studi scientifici, sperimentali ed epidemiologici, l’EFSA - Autorità europea per la sicurezza alimentare - ha indicato un aumento dei livelli di colesterolo nell’uomo, e altri studi hanno mostrato alterazioni a livello di fegato e tiroide, del sistema immunitario e riproduttivo, e alcuni tipi di neoplasie. I PFAS, infatti, sono purtroppo anche sostanze mobili, oltre che persistenti e tossiche, e la combinazione di queste caratteristiche che li rendono molto pericolosi. L’esposizione maggiore avviene attraverso ciò che mangiamo e beviamo.
I ricercatori del Laboratorio di Chimica e Tossicologia dell’Ambiente (del Dipartimento di Ambiente e Salute) conducono da diversi anni ricerche il cui obiettivo è individuare potenziali sostituti delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) con sostanze che abbiano un minore impatto sull’ambiente e sulla salute. La sfida è impegnativa e complessa, poiché richiede la necessità di valutare contemporaneamente molte proprietà. Per gli scopi industriali, tra l’altro, è necessario valutare non solo le proprietà avverse ma anche quelle funzionali. La migliore strategia, quindi, sarebbe di procedere non più in modo retrospettivo, accorgendoci del danno quando è ormai troppo tardi. Per proteggerci dai PFAS bisogna pianificare il futuro e considerare tutte le proprietà di una sostanza che è introdotta sul mercato.
Emilio Benfenati, responsabile del Dipartimento di Ambiente e Salute, spiega che oggi possiamo avvalerci di metodiche in grado di modellare contestualmente sia le caratteristiche funzionali che quelle ambientali di persistenza, stabilità, tossicità e così via. Al Mario Negri è stata sviluppata una piattaforma di modelli chiamata VEGAHUB, disponibile gratuitamente, che dà la possibilità di scegliere per ordine di importanza sostanze alternative ai PFAS a catena lunga in base all’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute.
Alcuni esempi di modelli sono:
Emilio Benfenati - Dipartimento Ambiente e Salute
Editing Raffaella Gatta - Content editor