A causa della veloce diffusione del virus SARS-CoV-2, gli interrogativi più frequenti che ogni cittadino si pone in questi giorni sono:
I dati raccolti fino ad ora in Cina, primo paese ad essere colpito, e diffusi poi anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, indicano che l’infezione COVID-19 si è manifestata nella seguente modalità:
Il fatto che 80 persone su 100 non hanno avuto particolari problemi è un aspetto molto positivo. D’altro canto il sistema sanitario deve essere pronto a farsi carico delle 20 persone che necessitano di cure e che potrebbero richiedere il ricovero in terapia intensiva.
Se l’infezione si diffonde rapidamente, come sta succedendo in questi giorni in Lombardia e in misura minore in altre regioni del Nord Italia, la rete degli ospedali potrebbe non garantire una cura adeguata per tutti. Per questo motivo sono state assunte alcune decisioni drastiche che limitano la vita sociale: per cercare di rallentare la velocità con cui il virus si diffonde ed evitare il sovraccarico delle strutture.
Il tasso di letalità (ovvero la percentuale di morti sul totale degli ammalati) stimato su tutta la popolazione si aggira intorno al 3%. Questa probabilità varia, però, con l’età.
Non sono stati segnalati morti nei bambini di età inferiore a 10 anni, mentre nelle fasce tra 10 e 49 anni la stima della letalità è inferiore a 0.5%, con un aumento nelle età successive fino a raggiungere il 15% negli anziani di età maggiore o uguale a 80 anni.
Inoltre, il rischio di morire è più elevato in chi ha malattie croniche di tipo cardiovascolare o respiratorio. Il fumo di sigaretta rappresenta un ulteriore fattore che mette a maggior rischio di avere una forma grave di malattia.
La risposta dell’organismo al virus dipende anche da fattori individuali non del tutto conosciuti.
In alcuni casi il virus può scatenare un’eccessiva risposta infiammatoria in grado di causare danni al cuore e ad altri organi.
Porre l’accento sulle persone più fragili è anche per identificare chi ha maggiormente bisogno di essere protetto.
Nel campione osservato in Cina, i bambini hanno rappresentato meno dell’1% dei casi e, come anticipato sopra, nel gruppo con età inferiore a 10 anni non sono stati segnalati casi di morte
Questo fa ritenere che nei bambini l’infezione si presenti in maniera più lieve rispetto all’adulto e all’anziano. Non sappiamo ancora quale possa essere il motivo: sono state fatte alcune ipotesi, ma ancora non esiste una conferma definitiva.
I dati disponibili non consentono, però, di capire quanto frequentemente i bambini possono ammalarsi: è possibile che se i bambini hanno più spesso sintomi modesti o nessuna sintomatologia, i casi pediatrici siano sottostimati in misura maggiore di quanto non avvenga per gli adulti e gli anziani.
Un’altra domanda a cui non è ancora possibile fornire una risposta è qual è il ruolo dei bambini nel diffondere il virus. Con altre infezioni, per esempio l’influenza, i bambini hanno generalmente una forma meno grave, ma possono facilmente trasmettere il virus ai famigliari, contribuendo ad aumentare il numero dei casi e mettendo a rischio i più anziani.
Nel dubbio, prima nelle regioni più colpite (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) e successivamente nel resto d’Italia, si è deciso di chiudere gli asili e le scuole, proprio per limitare la possibilità di contagio.
Al momento non ci sono farmaci specifici per il trattamento di COVID-19. Per questo motivo le uniche misure assolutamente da seguire restano al momento quelle riguardanti la prevenzione del contagio, in attesa di un vaccino efficace.
Oggi, la terapia prevede nei casi lievi il solo trattamento dei sintomi. Per esempio l’assunzione di farmaci antipiretici per la febbre e la somministrazione di ossigeno e di liquidi in caso di polmonite, terapia di supporto, in attesa che il sistema immunitario sconfigga l’infezione virale.
Sono attualmente in corso studi clinici per valutare l’efficacia di alcuni farmaci nel ridurre la durata della malattia.
Tra le terapie ritenute più promettenti dalla comunità scientifica ci sono:
Questi farmaci sono risultati efficaci nell’inibire la replicazione del virus SARS-CoV-2 in colture di cellule e nel trattamento di infezioni da coronavirus (come quello della MERS) in modelli animali.
Uno studio clinico condotto in Cina su pazienti con gravi sintomi di COVID-19 non ha documentato l'efficacia di lopinavir/ritonavir, ma altri studi sono in corso.
Recentemente, ai farmaci già elencati, si è aggiunto il favipiravir. Si tratta di un farmaco antivirale approvato in Giappone per l'uso come antinfluenzale e che sembrerebbe essere risultato efficace in due studi condotti in Cina. L'Agenzia Italiana del Farmaco sta valutando la possibilità di avviare una sperimentazione di questo medicinale in Italia.
Inoltre, la Cina ha autorizzato l'uso del tocilizumab, un anticorpo monoclonale già utilizzato nella terapia dell'artrite reumatoide, per il trattamento dei pazienti che presentano una forma grave di malattia.
In Italia è stato avviato uno studio (TOCIVID19) che ha lo scopo di valutare l'efficacia di questo farmaco in 330 pazienti con polmonite e i primi segni di insufficienza respiratoria o intubati nelle ultime 24 ore.
Sui siti delle istituzioni sanitarie nazionali come:
E’ possibile richiedere informazioni sull’infezione da coronavirus all’indirizzo email del Centro di Informazione sul Farmaco e la Salute dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
Antonio Clavenna, Laboratorio per la Salute Materno Infantile
Editing Raffaella Gatta - Content Manager