Data prima pubblicazione
8/6/2023
November 17, 2022

Epilessia farmacoresistente: astrociti e nuove terapie

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L'epilessia è una patologia del sistema nervoso centrale che si stima colpisca circa 65 milioni di persone in tutto il mondo. Oggi i pazienti hanno a disposizione più di venti farmaci di prima linea. Purtroppo, però, questi farmaci possono causare gravi effetti avversi che ne limitano l’effetto terapeutico. Inoltre, per circa un terzo dei pazienti questi farmaci non sono efficaci nel controllo delle crisi epilettiche.

Gli antiepilettici, poi, agiscono principalmente sui neuroni e sono in grado di fornire un controllo sintomatico delle convulsioni, senza alterare tuttavia l'insorgenza e la progressione dell'epilessia.

Per questi motivi è necessario sviluppare farmaci con nuovi bersagli cellulari e molecolari e con nuovi meccanismi di azione.

Gli astrociti, cellule nervose che contribuiscono in maniera significativa ai meccanismi che portano all’insorgenza dell’epilessia, potrebbero rappresentare nuovi target terapeutici. In un recente lavoro scientifico pubblicato sull’autorevole rivista Nature Reviews – Neurology, Annamaria Vezzani, insieme al suo team e ad altre collaborazioni internazionali, ha esaminato la letteratura scientifica disponibile sul ruolo degli astrociti nell'epilessia, confermando la loro potenziale importanza per lo sviluppo di nuove terapie capaci di curare i pazienti affetti da questa patologia.

Che cosa sono gli astrociti?

Gli astrociti rappresentano la classe di cellule della glia più abbondante nel tessuto nervoso. Le cellule della glia, insieme ai neuroni e ai vasi sanguigni, rappresentano i principali costituenti del cervello che regolano le funzioni di neurotrasmissione ed il metabolismo cerebrale, essenziali per il corretto funzionamento di questo organo.

Gli astrociti vengono così chiamati perché, se osservati al microscopio, sono a forma di stella.

Dal punto di vista fisiologico, gli astrociti espletano varie funzioni che sono essenziali per il corretto funzionamento del cervello, quali ad esempio:

  • aiutano a mantenere intatta la struttura e la permeabilità della barriera ematoencefalica, attraverso interazioni dirette con le cellule endoteliali che costituiscono il tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni;
  • contribuiscono alla sopravvivenza dei neuroni;
  • mediano le influenze reciproche tra l’attività neuronale ed il flusso sanguigno nel cervello;
  • forniscono l’energia necessaria ai neuroni, cioè contribuiscono al loro fabbisogno energetico;
  • intervengono in quel processo per cui i neuroni generano impulsi elettrici (eccitabilità sinaptica) e nella loro trasmissione.

Uno studio di qualche anno fa ha dimostrato che gli astrociti all’interno di un cervello sano sono diversi dagli astrociti che si trovano in un cervello affetto da una malattia neurologica, inclusa l’epilessia, sia dal punto di vista funzionale che molecolare.

Inoltre, sono tante le evidenze scientifiche che mostrano come gli astrociti siano coinvolti nell’insorgenza dell’attività epilettica nei modelli animali. Così come diverse osservazioni cliniche spiegano come gli astrociti delle aree del cervello coinvolte nelle crisi epilettiche non funzionino più correttamente. Poi, altri studi, condotti grazie all’utilizzo di modelli preclinici di epilessia, capaci di mimare ciò che accade nell’uomo, hanno dimostrato che alcune alterazioni funzionali degli astrociti contribuiscono all’insorgenza e allo sviluppo della malattia (epileptogenesi), mentre altri contribuiscono alla ricorrenza delle crisi (ictogenesi).

Epilessia farmacoresistente: quali le cure disponibili?

Secondo la Lega Internazionale contro l’Epilessia, si parla di farmacoresistenza quando il paziente non risponde ad almeno due farmaci ben tollerati ed appropriatamente scelti e dosati. La farmacoresistenza è più frequente in certe forme di epilessia, come ad esempio l’epilessia del lobo temporale.

La farmacoresistenza è un fenomeno dinamico che può manifestarsi in epoche diverse nel decorso della malattia. Da ciò risulta che la quota di pazienti farmacoresistenti per l’intera durata della malattia si aggira intorno al 30%. In caso di epilessia farmacoresistente, le terapie disponibili prevendono:

  • la neurostimolazione cerebrale tramite l'impianto di elettrodi o di stimolatori a circuito chiuso in grado di stimolare aree cerebrali superficiali o profonde o il nervo vago. Questi sistemi, oggi in rapida evoluzione, sono miniaturizzati per la registrazione e il trattamento delle crisi attraverso l'applicazione di stimoli elettrici o per predire l’insorgenza di una crisi (e quindi per prevenirla);
  • la chirurgia dell'epilessia ovvero la resezione delle aree cerebrali da cui originano le crisi. Questo tipo di intervento può accompagnarsi ad una scomparsa delle crisi in più della metà dei pazienti, alcuni dei quali possono in seguito sospendere il trattamento farmacologico. Solo alcune forme di epilessia si possono però avvalere della resezione chirurgica del tessuto cerebrale responsabile. Il successo della chirurgia dipende, infatti, dal riconoscimento dell’area interessata (evidenziata per esempio con una analisi elettroencefalografica e di risonanza magnetica nucleare). In una minoranza di pazienti la chirurgia può comportare un deficit di memoria o di linguaggio (nei casi di resezione nell'emisfero dominante) o disturbi dell'umore. Nuove tecniche di risonanza magnetica funzionale recentemente sviluppate possono permettere di identificare meglio le regioni del cervello coinvolte in specifiche funzioni cognitive, sensoriali o motorie, guidando quindi il neurochirurgo verso una più sicura rimozione dell'area epilettogena;
  • le terapie dietetiche, chetogeniche classiche o modificate, con basso contenuto di carboidrati ed elevato contenuto di grassi. Le diete sono utilizzate soprattutto nei bambini con gravi forme di epilessia, nelle epilessie su base metabolica e in casi con gravi forme di farmacoresistenza. Queste diete hanno però una bassa tollerabilità portando alla comparsa di effetti avversi, come costipazione e vomito, o addirittura presentare complicazioni a lungo termine, come rischi cardiovascolari. Nuove diete, come ad esempio quelle ad alto contenuto di acidi grassi poli-insaturi o con aminoacidi a catena corta, sono in via di sperimentazione.

Astrociti ed epilessia farmacoresistente

Grazie ai risultati della ricerca sull’epilessia farmacoresistente, oggi sono state presentate nuove strategie farmacologiche in grado di controllare le crisi epilettiche o di migliorare il decorso della malattia nei modelli di laboratorio. Alcune di queste terapie hanno come bersaglio gli astrociti, che vengono attaccati su diversi “fronti”.

L’obiettivo è correggere le disfunzioni degli astrociti che non operano più correttamente nell’epilessia. I farmaci utilizzati in questo tipo di nuove potenziali terapie devono però essere in grado di penetrare la barriera ematoencefalica, cercando di ridurre al minimo gli effetti avversi. Questi farmaci poi, oltre ad essere utili per l’epilessia, potrebbero trovare applicazioni cliniche anche in altre malattie del sistema nervoso associate ad un malfunzionamento degli astrociti.

Trattamenti farmacologici che influiscono sul metabolismo

Trattamenti farmacologici che influiscono sul metabolismo degli astrociti, come quelli in grado di aumentare la disponibilità di una sostanza cruciale per il loro corretto funzionamento (adenosina), possono interrompere il processo epilettogenico e ridurre le crisi epilettiche.

Terapie antinfiammatorie e immunosoppressive

Terapie antinfiammatorie che utilizzano in modo compassionevole l’anakinra, un farmaco che blocca gli effetti della interleuchina 1, riducono la frequenza delle crisi epilettiche e migliorano i deficit neurologici in pazienti con crisi farmacoresistenti. Anche i farmaci immunosoppressivi come gli steroidi hanno mostrato efficacia nelle encefalopatie epilettiche pediatriche.

Terapie con modulatori chimici e metaboliche

Terapie con modulatori chimici della comunicazione tra le cellule della glia e i neuroni, come ad esempio l’acido glutammico, e le terapie metaboliche che riducono i livelli di glucosio e di lattato, rappresentano nuove potenziali cure per l'epilessia farmacoresistente.

Raffaella Gatta - Content editor

In collaborazione con Annamaria Vezzani - Laboratorio di Epilessia e Strategie Terapeutiche - Dipartimento di Danno Cerebrale e Cardiovascolare Acuto

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