Il 2022 vede presentarsi nuovamente l’emergenza idrica dovuta ad un lungo periodo di siccità che ha portato i livelli di fiumi e laghi ai minimi storici, compromettendo seriamente la disponibilità idrica per uso agricolo e civile. Questa nuova emergenza punta i riflettori sul bisogno impellente di stilare dei piani per la riduzione degli sprechi ed il riuso delle acque, come nel caso della depurazione e riuso delle acque reflue.
Questa strategia può essere vincente, ad esempio, per avere acqua di buona qualità per l’uso agricolo o industriale ma si deve tener conto di una serie di rischi potenziali legati alla presenza di contaminanti chimici e biologici.
Tra i contaminanti emergenti, ci sono alcune categorie come farmaci e prodotti per la cura personale (es. sostanze contenute in creme, creme solari, shampoo, saponi) che sono presenti nelle acque reflue in quantitativi elevati, essendo prodotti utilizzati quotidianamente da tutti. Per i farmaci, in particolare, la principale fonte di contaminazione è rappresentata dall’utilizzo di queste sostanze per la cura delle persone e degli animali, mentre altre fonti come quelle industriali hanno un impatto minore e sono localizzati in aree definite.
I principi attivi e i prodotti derivanti dal metabolismo dei farmaci, che vengono metabolizzati e poi espulsi dall’organismo mediante urine e feci, raggiungono le acque reflue urbane e gli impianti di depurazione delle acque, dove generalmente vengono rimossi solo parzialmente. Queste sostanze vengono così immesse nei corsi d’acqua, laghi o mare con le acque trattate, oppure nel terreno tramite i fanghi di depurazione, utilizzati come concime in agricoltura. Un’altra fonte di immissione diretta nell’ambiente dei farmaci ad uso veterinario sono gli allevamenti e gli impianti di acquacoltura. Invece lo smaltimento improprio di farmaci scaduti può avere una rilevanza relativa.
Gli attuali processi di depurazione non sono stati sviluppati appositamente per la rimozione di queste sostanze e risultano quindi non del tutto in grado di rimuoverle dalle acque reflue. La conseguenza è l’immissione di miscele di queste sostanze nell’ambiente. Per questo è importante tener conto di questo potenziale fattore di rischio per l’uomo e l’ambiente quando si considera il riuso delle acque reflue. Le nuove tecnologie ci vengono in aiuto: esistono, infatti, dei trattamenti avanzati delle acque reflue che sono in grado di aumentare l’efficienza di rimozione di queste sostanze come ad esempio i trattamenti con ozonazione, processi di ossidazione e filtri a carbone attivo.
Generalmente, questi trattamenti sono piuttosto costosi e si devono valutare, quindi, con attenzione i costi/benefici per l’applicazione su larga scala, come i depuratori cittadini. In Svizzera, il governo, in collaborazione con centri di ricerca, ha identificato i trattamenti più efficaci per la rimozione dei contaminati emergenti e li sta adottando sui depuratori più grandi del paese per ridurre l’impatto ambientale di queste sostanze.
Il riuso delle acque reflue è possibile e molto importante per risolvere le crisi idriche che si presentano sempre più frequentemente. E' però necessario valutare in modo opportuno i numerosi aspetti correlati per assicurarci un “riuso corretto e sicuro”.
L’attività del servizio idrico, in Italia così come in Europa e nel resto del Mondo, ha come obiettivo primario quello di proteggere una risorsa scarsa e vulnerabile: l’acqua. Alla luce di quanto sta avvenendo negli ultimi anni, e di ciò che si prospetta per il prossimo futuro con l’aumento della popolazione mondiale e le complesse situazioni politiche internazionali che stanno coinvolgendo in vario modo l’intera Unione Europea, il settore idrico deve essere pronto a far fronte al cambiamento climatico, allo sviluppo sostenibile delle aree urbane e rurali e, quindi, alla gestione delle infrastrutture secondo un ampio orizzonte temporale.
Nell’agenda della Commissione Europea sono attualmente previste le revisioni di fondamentali testi normativi come la Direttiva quadro sulle acque (WFD) e la Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (UWWTD). Inoltre, saranno presi in considerazione temi sempre più critici, come quello dell’evoluzione tecnologica dei trattamenti di depurazione rispetto alle nuove sostanze inquinanti emergenti.
Bisogna comunque precisare che quest’ultimo aspetto è tutto in divenire. Necessita ancora di approfondimenti e indagini da parte del mondo scientifico e della ricerca, per comprendere quali siano gli effettivi impatti dei microinquinanti sull’ambiente e sulla salute umana. Inoltre, è necessario anche definire in maniera chiara e condivisa i metodi di analisi chimica e microbiologica che possono supportare l’eventuale imposizione di nuovi parametri di controllo nel trattamento delle acque reflue.
Nonostante le numerose sfide scientifiche e tecnologiche ancora aperte, la scarsità di risorsa idrica in molte aree europee (tra cui l’Italia) e la necessità di fronteggiare l’elevata richiesta da parte del settore agricolo in particolar modo, ha portato in questi ultimi anni alla definizione del Regolamento UE2020/741, che entrerà in vigore nel giugno 2023 e che costituisce la base legislativa comunitaria per il riutilizzo delle acque depurate nell’irrigazione agricola.
Questo regolamento punta a favorire una virtuosa pratica di recupero e riuso dei reflui purificati, supportando l’agricoltura in aree a forte siccità dove è più necessario limitare il prelievo di acque naturali per evitare l'acuirsi di situazioni di stress idrico.
Questa pratica è utile non solo a fronteggiare la scarsità idrica ma potrebbe generare anche una serie di benefici: dall’ottimizzazione dei costi del trattamento e della gestione delle reti di distribuzione fino alla promozione dell’innovazione tecnologica del settore, con creazione di ulteriori posti di lavoro.
Al momento, però, alcune regole del mercato e spesso l’opinione degli utilizzatori finali in merito alle garanzie di qualità dell’acqua depurata destinabile al riuso, costituiscono ancora una forte barriera all’implementazione delle soluzioni tecnologiche già esistenti e consolidate in molti paesi. Diversi stati membri, come l’Italia (con il D.M. 185/2003), la Spagna, il Portogallo, la Francia, la Grecia e altri, hanno già proprie normative nazionali che regolamentano il riuso delle acque depurate, praticato da tempo in molte aree.
Nell’ambito di questi complessi processi tecnico-normativi, la realtà di riutilizzo dei reflui depurati nelle aree agricole peri-urbane di Milano ha rappresentato un concreto e virtuoso case study, richiamato in diverse occasioni in questi anni dalla Commissione Europea e dal Joint Research Centre. Il caso degli impianti di depurazione di Milano (Nosedo e San Rocco), in particolare, ha suscitato interesse e apprezzamento in ambito comunitario proprio per la forte integrazione tra gli elementi storici e di tradizione del territorio e la realizzazione di un efficiente sistema di trattamento delle acque reflue urbane, che favorisce il sostentamento idrico di un intero comprensorio agricolo a pochi passi dai confini urbanizzati della città *.
* M. Brown, P. Redondi (a cura di) “Dalle marcite ai bionutrienti. Passato e futuro dell'utilizzo agricolo delle acque usate di Milano”, Ed. Guerrini e Associati, 01/2017.
Sara Castiglioni, Unità di biomarkers ambientali, Laboratorio di Tossicologia della Nutrizione, DIpartimento di Ambiente e Salute
Francesca Pizza, Metropolitana Milanese (MM), Divisione Servizio Idrico -Depuratore Milano Nosedo, Milano
Editing Raffaella Gatta - Content manager