La recente pandemia ha messo in luce l'impellente esigenza di riformare il sistema dell’assistenza territoriale in Italia, spingendo a una profonda riflessione sul contratto di lavoro dei medici di medicina generale (MMG) con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Il dibattito si divide tra chi sostiene il mantenimento del ruolo di libero professionista convenzionato per i MMG e chi ritiene cruciale che diventino dipendenti del SSN, assimilati ai medici ospedalieri. Questa prospettiva è conforme al progetto di riforma in corso (DM 77/2022), che prevede l’inquadramento dei MMG come dirigenti medici nelle Case della Comunità.
La Legge 833/1978 già contemplava entrambe le opzioni, ma la scelta politica si orientò verso la convenzione dei MMG, diversamente da Portogallo e Spagna, che optarono per la dipendenza, ottenendo risultati sanitari di rilievo.
Emerge chiaramente che solo un'unificazione contrattuale di tutti gli operatori sanitari può consentire una reale integrazione tra ospedale e territorio, affrontando le attuali criticità assistenziali, come accessi incontrollati ai Pronto Soccorso, lunghe liste d'attesa e eccesso di burocrazia.
Il “Movimento MMG per la Dirigenza” presenta oggi il suo “Documento di Posizione”, rivelando la parte riformatrice della medicina generale spesso oscurata da visioni conservative. Il movimento auspica il superamento del modello attuale delle cure territoriali, favorendo un approccio più integrato all'interno del SSN.
Il cambiamento proposto non solo mira a migliorare l'assistenza socio-sanitaria per i cittadini, ma offre anche ai MMG la possibilità di contribuire attivamente all'organizzazione del SSN, uscendo dall'attuale isolamento contrattuale e professionale.