Le cisti sono tra le lesioni del rene più frequenti: si presentano come sacche ripiene di liquido, che si formano all’interno del rene. Nella maggior parte dei casi vengono scoperte casualmente nel corso di un esame ecografico dell’addome prescritto per i più svariati motivi. La loro natura è per lo più benigna, e senza importanti conseguenze per la salute, in particolare per quella dei reni. Tuttavia non è sempre così e dunque è opportuno approfondire questo argomento.
Quando il medico che esegue l’ecografia si imbatte in lesioni cistiche del rene, è importante che ne precisi il numero, le dimensioni, l’aspetto complessivo, e il rapporto con il resto del tessuto renale o degli organi adiacenti.
Infatti, l’esame ne può rilevare una sola e questa viene definita cisti solitaria. Altre volte se ne repertano molte di più: ci troviamo di fronte a cisti multiple, reperto che richiede una attenzione in più come vedremo dopo.
Le cisti renali possono essere congenite (come nella cosiddetta displasia cistica rilevata alla nascita e talvolta documentata nel feto durante la gestazione), o acquisite (queste cisti compaiono nel corso della vita).
Nella grande maggioranza le cisti acquisite, quelle che compaiono nel corso della vita, non hanno una causa nota (si definiscono idiopatiche). Possono essere in qualche modo considerate una modalità di invecchiamento del rene: infatti vengono riscontrate con maggiore frequenza nelle persone che hanno più di 50 anni (circa il 25% degli over 50 ha una cisti renale). Con il progredire dell’età, il riscontro di una cisti renale aumenta e può addirittura arrivare al 65-70% delle persone; il riscontro di cisti renali acquisite è più frequente negli uomini che nelle donne.
Due importanti forme di cisti renali hanno una causa genetica, sono cioè malattie ereditarie. Si tratta della Malattia Renale Policistica Autosomica Dominante e la Malattia Renale Policistica Autosomica Recessiva. Entrambe sono caratterizzate dalla presenza di multiple cisti che aumentano di numero e dimensione nel corso degli anni, e determinano con il tempo la perdita della funzione renale, ed entrambe sono causate dalla mutazione (modificazione) di un gene.
Questa malattia non è da confondere con il rene displastico multicistico, che è una malformazione congenita del rene.
Altre malattie caratterizzate dallo sviluppo di cisti nel rene (che qui nomineremo soltanto senza descrivere in dettaglio) sono la malattia di Von Hippel-Lindau, la Sclerosi Tuberosa, la malattia cistica della midollare renale, la malattia glomerulocistica, la nefronoftisi giovanile. Queste sono tutte malattie genetiche rare.
La presenza delle cisti renali è quasi sempre asintomatica, tanto che spesso ci si accorge di esserne portatori casualmente, nel corso di esami di diagnostica per immagini (tipicamente nel corso di una ecografia) eseguiti per indagare altre patologie. La maggior parte delle cisti solitarie hanno dimensioni modeste, e non creano disturbi nemmeno nel corso del tempo. Raramente esse possono raggiungere dimensioni talmente grandi da creare compressione sulle strutture anatomiche circostanti, e provocare fastidio e dolore, o ancora più raramente possono arrivare a dimensioni tali da essere rilevate alla palpazione dell’addome.
Altrettanto raramente, può capitare che le cisti renali isolate sanguinino e determinano la comparsa di ematuria, così come è raro che siano sede di una infezione. Questi eventi (sanguinamento e infezione di una cisti) sono fenomeni invece non rari nelle forme di rene policistico. A proposito di questa malattia va precisato che a differenza delle cisti isolate benigne, che non compromettono in genere la funzione renale, questa condizione si associa spesso a ipertensione arteriosa, e allo sviluppo di una insufficienza renale che può progredire verso l’uremia terminale, cioè quello stadio della compromissione della funzione renale che rende necessaria la dialisi.
Come si accennava sopra, le cisti renali acquisite vengono molto spesso rivelate la prima volta da una indagine ecografica dell’addome. L’ecografia è un mezzo molto valido per descrivere e classificare le cisti renali acquisite. L’ecografia, oltre al dato più immediato, e cioè la dimensione, può fornire informazioni sul carattere del contenuto della cisti, della morfologia delle pareti della cisti stessa, dell’eventuale rapporto con altre strutture del rene o di organi adiacenti. Inoltre consente di stabilire si tratta di cisti semplice e di cisti complessa.
Le cisti renali semplici sono hanno una forma tondeggiante, hanno pareti sottili e regolari e contengono un liquido omogeneo. Le cisti renali complesse sono quelle che presentano al loro interno dei tralci di tessuto chiamati setti o sepimentazioni che suddividono la cisti al suo interno in più camere. Possono presentare calcificazioni o ispessimenti della parete, o hanno contenuto non omogeneo, denso, per esempio costituito da sangue o da materiale proteico.
La distinzione tra cisti renali semplici e complesse da parte dell’ecografista è importante perché le prime in genere sono benigne e a bassissimo rischio di evoluzione maligna, le seconde invece vanno studiate con maggiore attenzione e monitorate nel tempo.
Alla fine degli anni 80 il radiologo americano Morton Bosniak sviluppò una classificazione delle cisti renali, che si basava su immagini ottenute con la TAC e/o* con la Risonanza Magnetica. La classificazione di Bosniak (che per la verità non sempre viene segnalata nei referti ecografici) elenca cinque categorie di lesioni cistiche renali (così contrassegnate: I, II, IIF, III e I V) caratterizzate da una crescente complessità anatomica. Per esempio la classe I include le cisti semplici, che in genere richiedono solo un monitoraggio nel tempo, mentre le cisti di classe IV (le più complesse) sono con grande probabilità di natura tumorale,
Mentre dopo il riscontro di una cisti semplice di classe I la prassi prevede in genere solo una indagine ecografica a distanza di tempo, per le altre classi è in indicato eseguire altri esami di diagnostica per immagini (esami detti di secondo livello come appunto TAC o RMN).
Non esiste una terapia farmacologica per le cisti renali acquisite. Può essere necessario in certe circostanze ricorrere ad interventi attivi che possono essere procedure minimamente invasive, come il drenaggio percutaneo, o più impegnativi come l’asportazione chirurgica.
Nella stragrande maggioranza dei casi per le cisti classificate come semplici (classe I di Bosniak) non è necessario alcun intervento, ma solo un monitoraggio nel corso del tempo delle dimensioni e dell’aspetto della cisti e del suo aspetto. Molto raramente una cisti semplice si trasforma in maligna. Solo nel caso che raggiungano dimensioni talmente grandi da determinare compressione su organi circostanti, o reale fastidio al paziente per la sensazione di ingombro, può essere necessario valutare la loro eliminazione. In questi casi la prima scelta è l’aspirazione percutanea (cioè con una puntura della cisti dall’esterno con un ago), seguita dalla iniezione nella cavità svuotata di un farmaco che salda le pareti della cisti e impedisce che si riformi (sclerosi della cisti).
Diverso il discorso per le cisti complesse, quelle cioè che hanno un aspetto “sospetto”: in questi casi l’urologo stabilisce il programma di approfondimento diagnostico, o di sorveglianza, o infine di intervento chirurgico.
Non esiste un regime alimentare specifico per le cisti renali, ma solo per il rene policistico, nel cui caso è consigliabile in generale una dieta a basso contenuto di sodio e proteine animali e ad alto contenuto di verdure, frutta e acqua.
Arrigo Schieppati - Senior Advisor - Unità Operativa Complessa Malattie Rare - Centro Clinico - Centro Aldo e Cele Daccò
Editing Raffaella Gatta - maggio 2022
Editing Ufficio Comunicazione - gennaio 2025