La cardioaspirina è un farmaco in grado di bloccare l’azione dell’enzima ciclossigenasi COX1 che, a sua volta, induce il blocco della sintesi del trombossano A2, una molecola che favorisce l’aggregazione delle piastrine. Grazie a questa azione è così in grado di ridurre la formazione di trombi e, quindi, il rischio di ostruzioni all’interno dei vasi sanguigni.
Il principio attivo della cardioaspirina è l’acido acetilsalicilico che, ad un dosaggio un po' più alto (noto come aspirina), ha un’azione antinfiammatoria e agisce anche come antipiretico e analgesico. Invece, la cardioaspirina (nota anche come aspirinetta), contiene un dosaggio inferiore di acido acetilsalicilico e svolge pertanto un’azione antitrombotica.
Grazie alla sua azione antitrombotica, la cardioaspirina viene prescritta per la prevenzione delle malattie cardiovascolari (CVD), come ad esempio l’infarto del miocardio o l’ictus cerebrale, tra le principali cause di morte, responsabili di oltre un decesso su quattro.
Il beneficio dell’uso cronico di cardioaspirina nella prevenzione cardiovascolare secondaria, cioè nelle persone che hanno già avuto una malattia cardiovascolare, è stato ampiamente dimostrato in diversi studi clinici condotti su ampie popolazioni.
Questo farmaco, quindi, è raccomandato dalle Linee Guida nella prevenzione secondaria quando il beneficio nel ridurre il rischio di avere un evento vascolare supera i rischi associati all’insorgenza di effetti collaterali. Il rapporto rischio/benefico, come per ogni farmaco, deve sempre essere valutato dal medico sulla base delle caratteristiche del singolo paziente.
L’uso della cardioaspirina in prevenzione cardiovascolare primaria, ovvero nelle persone che non hanno ancora avuto una malattia cardiovascolare, rimane controverso.
Infatti, in questa popolazione la probabilità di sviluppare un evento trombotico è più bassa rispetto a chi invece ha già avuto un primo episodio. In questi casi, è importante valutare il rischio cardiovascolare bilanciandolo con quello di poter subire effetti indesiderati legati alla terapia.
Il rischio cardiovascolare viene calcolato dal medico sulla base dei fattori di rischio della persona (età, sesso, fumo, pressione arteriosa, colesterolo totale e HDL, diabete), in modo da stimare la probabilità che si verifichi un evento trombotico negli anni successivi.
Sulla base di questi presupposti, la cardioaspirina può essere prescritta, in prevenzione primaria, nelle persone considerate ad elevato rischio cardiovascolare, cioè che hanno una probabilità di oltre il 20% di avere un primo evento cardiovascolare nei 10 anni successivi. Questa probabilità viene calcolata sulla base delle carte di rischio del Progetto Cuore dell'Istituto Superiore di Sanità.
In questo contesto va considerato che i diabetici hanno un rischio cardiovascolare 2-4 volte più elevato rispetto ai non diabetici e un rischio di mortalità cardiovascolare da 1.5 a 4.5 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Perciò l’uso della cardioaspirina nei diabetici, anche se non hanno ancora avuto un primo evento trombotico, può essere indicato per prevenire un primo evento cardiovascolare purché non siano presenti controindicazioni all’uso di questo farmaco (Linee Guida della Società Europea di Cardiologia ESC per la gestione della malattia cardiovascolare nel diabete).
Sulla base di una recente revisione della letteratura scientifica, (Aspirin Use to Prevent Cardiovascular Disease US Preventive Services Task Force Recommendation Statement, JAMA 2023 - link) le raccomandazioni sull’uso della cardioaspirina per la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari sono state aggiornate in relazione all’età. Dai 40 anni in su, nelle persone con aumentato rischio cardiovascolare, ma senza storia di malattie cardiovascolari, il farmaco ha un beneficio modesto nel ridurre il rischio di infarto del miocardio e ictus cerebrale. In questi casi, i vantaggi derivanti dall'assunzione del farmaco aumentano con l'aumentare del rischio cardiovascolare e il beneficio aumenta nel corso della vita. Tuttavia, l'uso cronico di cardioaspirina espone al potenziale rischio di avere anche effetti collaterali, come sanguinamento gastrico o cerebrale, che sono tra quelli più gravi. Il rischio di sanguinamenti aumenta nei più anziani, oltre i 60 anni, per i quali non sarebbe consigliabile iniziare la terapia con cardioaspirina in prevenzione primaria.
Rimane comunque sempre compito del medico valutare coloro che presentano un rischio cardiovascolare elevato a fronte di un basso rischio di sanguinamento, per poter decidere se sia opportuno iniziare la terapia con cardioaspirina in prevenzione primaria.
Come già spiegato in precedenza, la prescrizione di cardioaspirina è raccomandata per coloro che hanno già avuto un evento trombotico, come un infarto del miocardio o un ictus cerebrale (quindi come prevenzione cardiovascolare secondaria).
Invece, qualora il medico ritenesse opportuno prescriverla in prevenzione primaria, valuterà il profilo di rischio cardiovascolare della persona monitorando attentamente l’eventuale insorgenza di effetti collaterali una volta iniziata la terapia con cardioaspirina.
L'aspirina e i farmaci antinfiammatori non steroidei sono da assumere con molta cautela in gravidanza e sono del tutto controindicati nel III trimestre per il rischio di chiusura del dotto di Botallo, vaso importante per la circolazione sanguigna fetale.
Questa prudenza non riguarda, però, l'uso di basse dosi di aspirina (cardioaspirina) come farmaco antiaggregante. Al contrario, in alcuni casi il farmaco può avere dei benefici per lo sviluppo fetale.
Questo avviene, per esempio, nelle donne che hanno una predisposizione genetica a sviluppare piccoli trombi (trombofilia). La cardioaspirina, infatti, riducendo il rischio che si formino questi trombi, diminuisce la probabilità che il feto cresca meno del normale o che si possa andar incontro ad aborto.
Un'altra indicazione all'uso di aspirina a basse dosi in gravidanza è nelle donne che hanno un alto rischio di sviluppare una patologia della gravidanza chiamata pre-eclampsia (o gestosi), caratterizzata da pressione alta e presenza di proteine nelle urine. La cardioaspirina è risultata efficace nel ridurre il rischio di questa malattia e il suo impatto sul feto (per esempio rallentamento della crescita).
La cardioaspirina può essere assunta anche durante il III trimestre di gravidanza: a oggi non sono segnalati casi di chiusura del dotto di Botallo in caso di assunzione di questo farmaco.
Tra gli effetti collaterali più rilevanti della cardioaspirina sono riportati: sanguinamenti a livello grastrointestinale e cerebrale; il rischio di compromissione della funzionalità renale.
Particolare attenzione va rivolta a quelle persone che, per le condizioni cliniche o per l’età (più anziani o più fragili), potrebbero incorrere in un maggior rischio di sanguinamento o complicanze renali.
Sarà compito del medico valutare per ogni paziente i rischi e i benefici derivanti da un trattamento a lungo termine con cardioaspirina.
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Marta Baviera - Laboratorio di Prevenzione Cardiovascolare
Antonio Clavenna - Laboratorio di Epidemiologia dell'età evolutiva