Le api e gli altri insetti impollinatori sono fondamentali per la vita sulla Terra, ma rischiano l’estinzione. Come sarebbe un mondo senza l’impollinazione?
Alcune sono gregarie e vivono in società molto organizzate, tra le più complesse del regno animale. Altre sono solitarie, non vivono in alveare e non producono miele. Le api sono tra gli insetti più evoluti in natura. Ne esistono circa 20mila specie, senza le quali la biodiversità del nostro pianeta sarebbe gravemente compromessa. Le celebriamo tutte il 20 maggio di ogni anno, nel corso della Giornata mondiale delle api, istituita nell’ottobre 2017 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Ma le api non sono "sole". Assieme a loro volteggia di fiore in fiore un piccolo esercito di insetti impollinatori, alcuni molto noti, altri molto meno, di cui fanno parte mosche, farfalle, falene notturne, coleotteri … e persino le odiate zanzare. Gli insetti impollinatori svolgono un ruolo fondamentale per la vita sul nostro pianeta. Basti pensare che senza di questi un terzo del cibo sparirebbe dai nostri campi (e dai nostri piatti): nella sola Europa, oltre 4.000 tipi di frutta e verdura esistono grazie agli impollinatori.
“Il discorso dell’impollinazione viene collegato di solito all’immagine, bellissima, della farfalla e del fiore. Un’immagine molto delicata, molto bella, che non ha un significato solo estetico, ma è qualcosa che fa parte di un sistema molto più complesso che riguarda la vita di ognuno. Un sistema da cui dipende per esempio l’avere o non avere frutti da mangiare o l’avere o non avere certi ecosistemi che possono essere trasmessi ai nostri figli. La salvaguardia degli insetti impollinatori è un dovere che deve riguardarci tutti”, ha dichiarato Emilio Benfenati, a capo del Dipartimento Ambiente e Salute dell'Istituto Mario Negri.
Gli impollinatori sono anche chiamati pronubi, dal latino “che favorisce il matrimonio”. Il loro compito è quello di garantire la riproduzione sessuata di moltissime specie di piante a fiore, trasportando il polline (gameti maschili) dagli stami (organi sessuali maschili) ai pistilli (organi sessuali femminili) per fecondare gli ovuli (gameti femminili) nel processo dell’impollinazione. Quando l’insetto impollinatore si posa sui fiori per raccogliere o mangiare il polline oppure per succhiare il nettare di cui molti fiori sono ricchi, il polline si attacca sul suo corpo ed è trasportato di fiore in fiore permettendo la fecondazione delle piante. Gli impollinatori sono molto più efficienti del vento, a cui si affidano alcune piante a fiore (come le querce, i pioppi, le graminacee).
La riproduzione sessuata è fondamentale per mantenere la variabilità genetica, e quindi consentire la salute e l’adattabilità della specie. È così importante che le piante ermafrodite (con entrambi gli organi sessuali nello stesso fiore) o le piante monoiche (con fiori a sessi separati ma presenti sulla stessa pianta) evitano l’autoimpollinazione.
Sono moltissime le specie di impollinatori presenti in natura. Solo di Apoidei (una superfamiglia dell’ordine degli imenotteri) ne esistono almeno 20mila specie nel mondo. Questi includono, oltre alla specie più famosa, quella delle api da miele (Apis mellifera), moltissime specie di api selvatiche (spesso solitarie) come quelle dei generi Osmia, Xylocopa e Bombus (comunemente noti come bombi). In Europa ne esistono circa 2500 specie. A queste vanno aggiunte farfalle, falene, neurotteri (come le crisope) e ditteri (in particolare sirfidi, ma anche… zanzare).
Se gli insetti sono la maggioranza degli impollinatori, non dimentichiamoci che anche uccelli e mammiferi svolgono questo compito (es. Colibrì e pipistrelli).
Anche se Apis mellifera (l’ape da miele) è la specie pronuba più nota, altre specie sembrano essere più efficienti, come gli impollinatori selvatici e i bombi. I bombi, ad esempio, sono in grado di fare l’impollinazione vibrante (o del ronzio): fanno vibrare il fiore facendo cadere molto polline. In questo modo possono impollinare le piante di pomodoro, cosa che alle api non riesce.
Secondo l’International Union for Conservation of Nature, il 9% circa delle specie di api e farfalle è a rischio estinzione in Europa. Le cause sono diverse: agricoltura intensiva e cambiamento nell’uso del suolo (che riducono la biodiversità), uso di pesticidi e altre sostanze inquinanti (che hanno un’azione tossica, acuta o cronica, che si può manifestare direttamente o indirettamente), cambiamenti climatici (come disallineamento fenologico pianta-insetto e alterazione dei nutrienti disponibili), specie alloctone invasive (es. Vespa velutina, Aethina tumida) e patogeni (Varroa destructor).
Tutti questi fattori possono agire sia singolarmente che insieme. Il risultato? Popolazioni deboli, più soggette a parassiti, patologie e mortalità invernale, riduzione della produzione di frutti e semi con conseguente calo delle popolazioni che se ne nutrono e impoverimento delle comunità. Oltre, ovviamente al calo della produttività agricola e dei prodotti dell’alveare.
Le politiche Europee (come il Green Deal) si stanno adoperando per combattere il declino degli impollinatori. I pesticidi sono tra i principali responsabili di questo declino, ma ci sono troppo poche informazioni e procedure standardizzate, in particolare sulle specie pronube diverse da Apis mellifera. Non si conosce la sensibilità ai pesticidi delle altre specie, né le loro risposte a livello di popolazione e comunità. Tutte informazioni necessarie per proteggere adeguatamente questi animali.
Al fine di colmare queste lacune è in corso il progetto PollinERA, finanziato dalla Commissione Europa, cui prende parte anche l’Istituto Mario Negri. L’obiettivo è sviluppare un sistema di valutazione di impatto ambientale dei pesticidi che consideri le interazioni tra i fitofarmaci, i loro effetti, il contesto ambientale e gli aspetti ecologici e comportamentali degli insetti impollinatori. L’Istituto Mario Negri si occuperà di sviluppare modelli per prevedere gli effetti tossici dei queste sostanze, singolarmente e in miscela. Modelli che saranno inseriti nel sistema di valutazione di impatto ambientale.
Vivere in un mondo senza insetti impollinatori sarebbe un’impresa ardua. Senza l’impollinazione molte specie di piante non potrebbero riprodursi e quindi sparirebbero. Questo comporterebbe una drastica riduzione di cibo non solo per noi, ma anche tutte le altre specie animali, con conseguente riduzione della biodiversità e crisi di interi ecosistemi.
Per dare qualche numero: circa il 90% delle specie selvatiche da fiore e più del 75% delle specie coltivate si affida all’impollinazione zoofila. In termini economici parliamo di un servizio (l’impollinazione) che vale qualcosa come 153 miliardi di dollari l'anno a livello mondiale, 3 miliardi a livello italiano. Senza dimenticare il valore dell’agricoltura legata all’impollinazione, tra i 235 e 577 miliardi di $/anno a livello mondiale.
Per proteggere gli impollinatori è necessario proteggere gli ecosistemi. Questo non significa solo piantare fiori graditi agli impollinatori, dotarsi di bugs hotel (nidi per insetti) e non usare pesticidi nell’orto/giardino (che sono tutti ottimi accorgimenti!), ma bisogna modificare tutto il sistema. I fattori che contribuiscono a disturbare i pronubi interagiscono tra di loro, per cui bisogna agire nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, con politiche che portino ad un progressivo cambiamento. Sono da rivedere le zone urbane, le zone agricole e l’agricoltura, il sistema industriale, i trasporti… Tenendo in considerazione che siamo tutti interconnessi e un danno agli ecosistemi è un danno anche per la nostra sopravvivenza e, per i più veniali, un danno economico: se i pronubi muoiono a causa dei pesticidi usati per aumentare la produzione, otteniamo una riduzione della produzione. Ma tutto questo si può raggiungere se c’è una consapevolezza diffusa della situazione e delle possibili soluzioni.
Marianna Monte | Giornalista
con la consulenza di:
Emilio Benfenati | Dipartimento Ambiente e Salute
Anna Lombardo |Laboratorio di Chimica e Tossicologia dell'Ambiente; Dipartimento di Ambiente e Salute