L'antibiotico resistenza rappresenta una delle principali minacce alla salute umana. Di cosa si tratta, quali sono le cause, cosa fare per prevenirla e combatterla.
Ammalarsi gravemente o morire, persino, perché l’antibiotico non funziona più. Succede già, ma potrebbe capitare sempre più spesso nel mondo.
L’antibiotico resistenza (AMR) è quel fenomeno che si verifica quando i farmaci utilizzati per contrastare i batteri, ovvero gli antibiotici, smettono di essere efficaci. Alcuni batteri sono resistenti per natura a specifici antibiotici, altri lo diventano grazie a mutazioni del DNA.
Più di 35mila persone muoiono ogni anno in Europa a causa della resistenza antimicrobica. Di queste circa un terzo solo in Italia, al vertice della classifica dell'antibiotico resistenza nell'Ue secondo l'ultimo rapporto di sorveglianza del fenomeno pubblicato dal Centro europeo per il controllo delle malattie. Nel nostro Paese si stimano circa 200.000 infezioni resistenti e 12.000 morti l'anno.
Globalmente, le morti associate alla resistenza agli antibiotici sono circa 4,95 milioni, e si prevede che nel 2050 raggiungeranno i 10 milioni.
Stiamo parlando quindi di una delle principali minacce sanitarie a livello mondiale.
Le cause dell’antibiotico resistenza sono molte e complesse, a cavallo tra medicina, ambiente e abitudini umane. Eccone alcune.
L'uso eccessivo e spesso inappropriato degli antibiotici ha dato ai batteri l'opportunità di evolversi e adattarsi, rendendoli più resistenti. Capita cioè che ogni volta che prendiamo un antibiotico quando non serve, o smettiamo di usarlo troppo presto, aiutiamo i batteri a diventare più forti e più difficili da eliminare. È come se dessimo loro la possibilità di imparare a difendersi, rendendo l'antibiotico meno efficace la volta successiva.
Gli effetti degli antibiotici vanno ben oltre il nostro corpo. Tutti i medicinali, infatti, vengono prima o poi espulsi dall’organismo come metaboliti (molecole trasformate) tramite feci e urine. Queste confluiscono in impianti fognari o di depurazione - quando presenti - spesso non in grado di eliminare i residui dei medicinali che finiscono inevitabilmente nelle acque del Pianeta (per approfondire leggi anche: Come l'inquinamento dei farmaci minaccia la salute globale).
L’utilizzo eccessivo o scorretto di antibiotici nell’uomo, così come negli animali e nell’agricoltura, favorisce lo sviluppo e la proliferazione di batteri resistenti nell’ambiente (acque di superficie, suoli, foreste) dove gli antibiotici possono indurre resistenza anche in “batteri non-target”. Accade cioè che vadano ad eliminare i batteri sensibili, permettendo a quelli resistenti, quelli che cioè sviluppano mutazioni genetiche che consentono loro di sopravvivere a quel particolare antibiotico, di proliferare.
La proliferazione di resistenze nelle comunità batteriche presenti nell’ambiente dà origine a situazioni pericolose per la salute dell’uomo e negli allevamenti animali, dove una resistenza può trasformarsi in un’infezione di difficile o impossibile trattamento.
L’antibiotico resistenza passa anche dalla tavola. Alimenti come carne, latte, uova, pollame, pesce e prodotti vegetali possono essere infatti fonti di batteri resistenti agli antibiotici, principalmente nei paesi del mondo dove si fa un uso intensivo di questi farmaci, negli allevamenti e in agricoltura. Residui di antibiotici possono accumularsi nei cibi, mentre batteri resistenti possono contaminare questi prodotti durante la lavorazione.
I vegetali, in particolare, rappresentano un rischio soprattutto quando vengono irrigati con acqua contaminata o fertilizzati con letame contenente residui di antibiotici. È il motivo per cui le colture che richiedono molta irrigazione, come insalate e verdure a foglia, sono particolarmente vulnerabili. A ciò si aggiunge il fatto che paradossalmente vengono consumate crude, il che impedisce l'eliminazione dei patogeni resistenti, che invece potrebbe avvenire con la cottura.
Nel 2021, la microbiologa Adwoa Padiki Nartey ha rischiato di morire a causa di una banale tonsillite contratta in Ghana durante la stagione delle piogge, si legge in un articolo recentemente apparso su Nature. L’antibiotico tradizionalmente usato contro il batterio annidato nella gola non ha più funzionato: il microrganismo era diventato resistente.
La storia della scienziata, che si è salvata grazie alla combinazione di due antibiotici, dimostra in maniera molto chiara come due grandi minacce alla salute umana, il cambiamento climatico e la resistenza agli antibiotici, possano intersecarsi.
Le temperature elevate e le condizioni metereologiche estreme dovute al riscaldamento globale, come l’aumento della frequenza e dell’intensità delle precipitazioni in Ghana, favoriscono la crescita e la diffusione dei batteri. L’aumento dei batteri provoca un aumento delle infezioni. L’aumento delle infezioni comporta un uso maggiore di antibiotici che favorisce la resistenza. Resistenza che può comparire, come sottolineato in precedenza, quando gli antibiotici vengono usati male o troppo. Insomma, si viene a creare una sorta di circolo vizioso: più infezioni, più antibiotici, più resistenza.
Si pensa inoltre che il caldo acceleri l’evoluzione dei batteri, favorendo lo sviluppo di microbi resistenti agli antibiotici. Gli studi ci dicono ad esempio che batteri come l’Escherichia Coli, esposti a condizioni di stress termico come i picchi di calore, possono sviluppare specifiche proteine che li aiutano a sopravvivere agli attacchi degli antibiotici.
La diffusione dell'antibiotico-resistenza negli ospedali è legata principalmente all’uso massiccio di antibiotici, soprattutto di quelli ad ampio spettro, che favorisce sopravvivenza e selezione di batteri resistenti. In Italia, rispetto ad altri Paesi europei, si fa un maggiore ricorso ad antibiotici di questo tipo, mentre gli antibiotici a spettro ristretto del gruppo "Access", di prima scelta per molte infezioni, sono poco utilizzati. Si registra inoltre in ambito ospedaliero un crescente impiego di antibiotici specifici per infezioni causate da microrganismi multi-resistenti. Come già sottolineato: più antibiotici si usano, più è alta la probabilità di sviluppare resistenze.
Per combattere l'antibiotico-resistenza è necessario agire su più livelli, partendo dalle singole comunità per arrivare ad adottare misure valide nel contesto globale.
A livello comunitario, è fondamentale promuovere un uso consapevole e responsabile degli antimicrobici attraverso campagne di sensibilizzazione mirate. Ogni cittadino può fare qualcosa: utilizzare gli antibiotici solo qualora il medico lo indichi, non usare antibiotici già in casa prescritti per altri o altro. A ciò si aggiungono norme igieniche di base, come lavarsi le mani, preparare in maniera igienica il cibo e vaccinarsi: non prendere una malattia equivale a non dover prendere un antibiotico e a limitare quindi lo sviluppo di resistenze. Inoltre, restare a casa quando si è malati può ridurre significativamente la richiesta di assistenza medica e di prescrizioni antibiotiche non necessarie, come è emerso chiaramente durante la pandemia di COVID-19.
Nel settore sanitario, occorre implementare programmi di gestione antimicrobica per migliorare i risultati clinici e limitare la diffusione dei batteri resistenti. È fondamentale agire tempestivamente con misure di prevenzione e controllo delle infezioni, riducendo così le opportunità per i patogeni di adattarsi e sviluppare resistenze.
Su scala globale, è indispensabile ridurre l’uso eccessivo di antibiotici sia nell’uomo che negli allevamenti. Bisogna incentivare l’utilizzo di antibiotici a basso rischio di indurre resistenza, seguendo le indicazioni dell’AWaRe Book dell’OMS, che classifica i farmaci in base al loro impatto sulla resistenza antimicrobica. È altrettanto importante evitare dosaggi inadeguati, come trattamenti troppo brevi o interrotti prematuramente, e limitare l’uso ripetuto dello stesso antibiotico, che favorisce la selezione di batteri resistenti.
Infine, è essenziale rafforzare i sistemi di sorveglianza e promuovere una cooperazione internazionale più efficace. Solo con un impegno condiviso e coordinato sarà possibile monitorare, prevenire e contrastare in modo concreto l’antibiotico-resistenza, attualmente una delle sfide più urgenti per la salute globale.
Marianna Monte | Giornalista
con la consulenza di
Luca Pasina | Laboratorio di Farmacologia Clinica e Appropriatezza Prescrittiva