L’attività di ricerca sperimentale del laboratorio si basa sullo studio dell’arresto cardiaco e rianimazione cardiopolmonare, dell’ischemia cardiaca e dell’ipertensione polmonare, in modelli in vivo nel topo, ratto e maiale, allo scopo di valutare il danno d’organo e la risposta infiammatoria e di studiare nuovi approcci terapeutici.
Tecniche di istologia, supportate da microscopia ottica ed elettronica, sono complementari alla sperimentazione in vivo.
Il Laboratorio è coinvolto anche in studi clinici multicentrici, finalizzati alla valutazione clinica di strategie terapeutiche e di marcatori circolanti nell’arresto cardiaco enelle emergenze cardiovascolari.
Nuove strategie di prevenzione e trattamento dell’arresto cardiaco
Ogni anno più di 350.000 persone negli Stati Uniti e 700.000 in Europa sono vittime di arresto cardiaco. Tra coloro che sono rianimati con successo, più del 60% muore in terapia intensiva. Il laboratorio conduce attività di ricerca sia in ambito sperimentale e traslazionale, sia in ambito clinico nell’area delle Emergenze. Si indagano i meccanismi di danno cardiaco e cerebrale conseguenti all’infarto miocardico acuto e all’arresto cardiaco e si cercano nuovi approcci terapeutici per ridurre il danno cardiaco e cerebrale dopo arresto cardiaco. Si sviluppano nuove metodiche di defibrillazione per migliorarne l’esito. Si studiano nuovi marcatori (“biomarkers”) nell’ambito di studi clinici multicentrici su arresto cardiaco e di studi sperimentali, in grado di predire il decorso e l’esito post rianimazione.
Analisi in tempo reale dell’elettrocardiogramma come guida della defibrillazione
Le procedure di rianimazione da arresto cardiaco sono standardizzate e comprendono il massaggio cardiaco e la defibrillazione elettrica. Alcuni aspetti, come la tempistica della defibrillazione, meritano ulteriore studio. Secondo i dati disponibili per alcuni pazienti un intervallo di compressioni toraciche prima della defibrillazione può essere utile, mentre per altri la defibrillazione immediata è più efficace. L’eccessiva corrente elettrica erogata tramite defibrillazioni ripetute potrebbe peggiorare l’esito della rianimazione. Studi sperimentali hanno dimostrato che è possibile individuare le migliori condizioni per effettuare una defibrillazione con successo. Il parametro AMSA (Amplitude Spectrum Area) si è rivelato il più accurato tra i vari predittori elettrocardiografici dell’esito della defibrillazione. E’ ora in corso l’AMSA Trial, uno studio clinico che arruola pazienti vittime di arresto cardiaco soccorsi dal servizio 118 di Milano, Monza, Bologna e Helsinki. AMSA Trial fa parte del progetto internazionale ESCAPE-NET, che ha lo scopo di prevenire e migliorare le terapie per l’arresto cardiaco.
Ventilazione con Argon per la protezione d’organo dopo arresto cardiaco
In un modello di arresto cardiaco si cerca di comprendere i meccanismi del danno cerebrale da ischemia globale e riperfusione. I gas nobili possiedono un’attività cardio e neuro-protettiva dopo eventi ischemici. Abbiamo riportato gli effetti neuroprotettivi della ventilazione con una miscela di argon:ossigeno =70%:30% dopo arresto cardiaco di media durata. Studi successivi hanno confermato l’effetto benefico dell’argon su un modello più grave di arresto cardiaco: la ventilazione con argon ha migliorato significativamente la sopravvivenza con un buon recupero neurologico. L’effetto è stato confermato dalla riduzione dei livelli di enolasi neuronale specifica, un biomarcatore di danno cerebrale, e da un minore danno tissutale. Abbiamo condotto nuovi studi per valutare differenti concentrazioni di argon e tempi di inizio della somministrazione. Abbiamo dimostrato che esiste una correlazione diretta fra la concentrazione di argon somministrata e l’outcome clinico, che risulta indipendente dal tempo di inizio del trattamento. Sono in corso nuovi studi volti a valutare diverse miscele di argon ed altri gas, quali l’idrogeno. Infine, sta per partire uno studio clinico di fase I-II sulla ventilazione con argon in pazienti rianimati da arresto cardiaco e ricoverati in terapia intensiva.
Studi sperimentali su modelli di arresto cardiaco nel topo, ratto, maiale
I meccanismi coinvolti nella gravità della sindrome post arresto cardiaco non sono stati ben chiariti. In generale, esiste prima di tutto l’ischemia cardiaca, cerebrale e sistemica che si genera durante l’arresto cardiaco e persiste fino alla rianimazione. L’ischemia conduce a eventi di morte cellulare, apoptosi e disfunzione mitocondriale. Dopo la rianimazione, si determina un’amplificazione del danno tissutale e sistemico a causa del cosiddetto “danno da riperfusione”, che comporta la generazione di radicali liberi dell’ossigen e l’attivazione della cascata pro infiammatoria e immunitaria. Il laboratorio conduce attività di ricerca che coprono l’area sperimentale e di ricerca traslazionale, indagando i meccanismi di danno cardiaco e cerebrale conseguenti all’infarto miocardico acuto e all’arresto cardiaco. Si ricercano nuovi approcci terapeutici per ridurre il danno cardiaco e cerebrale dopo arresto cardiaco utilizzando modelli standardizzati di tale patologia. Particolare attenzione è rivolta al pathway delle kynurenine, la principale via del metabolismo del triptofano, che ha dimostrato un ruolo centrale nel determinare lo scompenso cardiovascolare ed il danno cerebrale dopo arresto cardiaco e la sopravvivvenza.
International Consensus on Cardiopulmonary Resuscitation.