L'attività di ricerca del Laboratorio di Nanobiologia è principalmente focalizzata sull’interazione tra i nano materiali e le matrici biologiche a differenti livelli di complessità (fluidi, organuli subcellulari, singole cellule, sistemi cellulari integrati, tessuti, organi, organismi).
Le attività del laboratorio sono diversificate ed includono:
- Studi farmacologici e biomedici su modelli cellulari e animali;
- Studi di nanotossicologia e farmaco-nanotossicologia;
- Studi di relazione tra le proprietà chimico-fisiche del nanomateriale ed effetto sull’ospite;
- Studi di validazione di nano-sensori o di nanoparticelle fotoinducibili per la terapia fotoindotta o per la diagnostica.
Nanofarmacologia preclinica
Uno dei principali obiettivi della nanomedicina è quello di modificare importanti parametri farmacocinetici al fine di aumentare la permanenza in circolo e la stabilità di molti composti oppure di favorirne il tropismo selettivo verso specifici organi diminuendo la diffusione negli organi filtro. Il laboratorio di Nanobiologia è da anni interessato a valutare il destino dei nanovettori in dipendenza delle loro caratteristiche base (dimensione, forma, materiale, superficie) o in seguito a specifiche funzionalizzazioni con molecole atte a migliorare l’interazione su cellule bersaglio. In particolare, sono stati ottenuti risultati interessanti nell’aumentare l’indice terapeutico di corticosteroidi per il trattamento di malattie infiammatorie mediante il loro legame a nano-assemblati biodegradabili e biocompatibili. Lo studio prevede anche la comparazione tra differenti vie di somministrazione. Il laboratorio ha investigato accuratamente il destino dei nanovettori somministrati oralmente, per via parentelare o intranasale, rilevando drastici cambiamenti tra loro e importanti differenze tra il farmaco libero e il farmaco associato a nanoparticelle.
Modelli preclinici in nanomedicina
Nel laboratorio di Nanobiologia sono in corso progetti atti a definire il potenziale effetto di nanoformulati per il rilascio mirato e il trattamento di patologie infiammatorie e fibrotiche polmonari ed epatiche. La scelta della patologia e dell’organo bersaglio è diretta conseguenza degli studi di nanofarmacologia descritti in precedenza. È stato infatti osservato che, molti nanovettori iniettati sistemicamente raggiungono i macrofagi epatici e le cellule del Kupfer, mentre la somministrazione intranasale favorisce il tropismo polmonare. L’efficacia dei trattamenti con i nanovettori viene valutati mediante procedure analitiche correntemente utilizzate nella pratica clinica quali la capacità respiratoria o la misurazione degli enzimi epatici nel plasma. Inoltre, studi di imaging non invasivo vengono effettuati per correlare la capacità di raggiungere il bersaglio e il loro effetto sulla progressione clinica.
Rilascio acidi nucleici mediato da nanovettori
È noto che uno degli aspetti più limitanti nello sviluppo di terapie associate all’utilizzo di acidi nucleici mediante somministrazione sistemica è la loro ridotta stabilità e l’incapacità di penetrare all’interno delle cellule. L’utilizzo di nanovettori per la traduzione della proteina spike nella campagna vaccinale anti-Sars-Cov2 ha aperto la strada a questa strategia terapeutica anche in altre aree cliniche. Il laboratorio di Nanobiologia sta utilizzando nanovettori contenenti acidi nucleici su modelli cellulari e animali. In particolare, tramite studi di nanoimaging è possibile determinare la cinetica di internalizzazione di differenti carriers dall’endocitosi, al trasporto mediante vescicole, al rilascio nel citoplasma oppure alla loro degradazione dopo segregazione in lisosomi maturi. Inoltre, mediante l’utilizzo di mRNA associati a molecole fluorescenti è possibile valutare anche la localizzazione sub-cellulare della molecola trasportata dal nanovettore e l’efficacia del sistema di trasporto. Studi sul rilascio di acidi nucleici mediato da nanovettori sono in corso anche su un modello di fibrosi epatica. In questo caso lo scopo dello studio è modificare il processo di polarizzazione dei macrofagi indotto dalla patologia e ripristinare un contesto più simile allo stato fisiologico.
Immuno nanobiologia
Un aspetto importante della interazione tra nanomateriali è la loro capacità di influenzare la risposta immunitaria. I processi che si instaurano tra le nanoparticelle e il sistema immunitario possono avere una rilevanza dal punto di vista nanotossicologico ma potrebbero essere sfruttati anche sul versante biomedico per elicitare risposte mirate e attivazioni o inibizioni specifiche a seconda del contesto patologico di interesse. Negli ultimi anni il laboratorio di Nanobiologia ha pubblicato evidenze concernenti l’influenza della superficie delle nanoparticelle o della sua funzionalizzazione con zuccheri e glicani dopo somministrazione sistemica in soggetti sperimentali sani (roditori). In particolare, è stato dimostrato che le proprietà del vettore non solo modificano la sua distribuzione ma possono alterare l’attivazione di cellule della linea mieloide e linfoide e generare significative alterazioni nella produzione e rilascio di proteine chiave quali alcuni fattori del complemento. Le ricerche in questo settorie si sono poi estese a modelli clinici di patologie autoimmuni e tumori con risultati interessanti e incoraggianti.
Nanotossicologia
Studi nanotossicologici in vitro ed in vivo sono argomento peculiare del laboratorio di Nanobiologia. Negli ultimi anni, sia su modelli murini che a livello di singola cellula è stata effettuata, ed è tuttora in corso, un’estesa valutazione dell’impatto di namomateriali derivanti dalla produzione industriale o nano-inquinanti. I parametri principali di questi studi riguardano la capacità di nanomateriali di penetrare e accumulare in cellule e organi e di indurre fenomeni di tossicità acuta o cronica. In particolare, sono stati investigati gli effetti dell’ossido di titanio e delle nanoplastiche.
Fotoinduzione e nanosensoristica
Il laboratorio di nanobiologia ha intrapreso collaborazioni mirate alla validazione biologica di nanomateriali tecnologicamente avanzati e sensibili a stimoli chimico-fisici mirati. In un primo studio è stata valutata l’efficacia di nanoparticelle cilindriche d’oro per ottimizzare meccanismi di termoablazione termica stimolata da laser sia in vitro, su cellule di tumore della mammella e del pancreas, e su un modello murino di tumore mammario. I risultati sono stati molto incoraggianti, l’utilizzo delle nanoparticelle d’oro hanno permesso di ottenere un’efficacia significativa nel ridurre la crescita del tumore riducendo l’entità dello stimolo e, di conseguenza, limitando gli effetti nocivi sul tessuto circostante. Un secondo progetto che è in fase di avvio riguarda l’utilizzo di nanoparticelle di silicio contenenti una molecola fotoresponsiva e internalizzanti un farmaco anti-neurodegenerativo. Anche in questo caso è obiettivo del progetto stimolare con una sorgente luminosa ad una specifica lunghezza d’onda in un’area anatomica ben delimitata al fine di permettere un rilascio localizzato del composto.